I S T R U Z I O N I
NECESSARIE

PER  CHI  VOLESSE   IMPARARE
IL  GIUOCO  DILETTEVOLE

DELLI  TAROCCHINI

DI  BOLOGNA

IN  BOLOGNA,
 _____________________________________
 Per Ferdinando Pissarri, all'Infegna di S. Antonio
M D C C L I V.
Con licenza de' Superiori


 
 
LETTORE CARISSIMO.
Non ti pensare per avventura, ch’io avessi intrapreso
l’insegnamento di questo Giuoco per perfezionare li
Giuocatori, ma soltanto per soddisfare al genio di
coloro che desiderano d’impararlo, non ritrovandosi in
istampa, che li soli Capitoli delle pene, che s’incorrono
nel giuocare; perciò ho intrapreso d’insegnarne li
fondamenti, cioè, di spiegare la preferenza delle carte,
la maniera di accusarle, il modo di contare li punti, gli
onori, che vi sono, i termini, che s’usano nel giuocare,
con vari avvertimenti generali per chi avesse genio di
principiare a giuocarlo, ed in fine li Capitoli, cioè le
Leggi, che si debbono osservare. Ma per perfezionare
nel giuoco, è necessario l’esercizio per concepire certe
finezze, che non si possono insegnare, lo pertanto in
questo mio libretto darò solo i primi erudimenti per chi
volesse apprenderlo con poca fatica anche da se
medesimo con un mazzo di carte di Tarocchini, col
quale gli verrà sotto gli occhi tutto quello, che dal
Libretto sarà descritto; ed avendo appreso, potrà
giuocare passabilmente,  si perfezionerà sempre più
colla pratica. Aggradisci questa mia debole fatica, e
stattene sano.

T A V O L A
D E’ C A P I T O L I
Che si contengono in questo Libro.
 

C A P I T O L O   I .
Dell’ Antichità di questo Giuoco, e
come gli Antichi lo giuocavano.

C A P I T O L O   I I .

Come si debbono dividere li quattro Giuocatori, 
e in qual maniera si dee distribuire le Carte
quando s’abbia da terminare la Partita,
e come al presente si giuoca il denaro.

C A P I T O L O   I  I  I .

Istruzione prima sopra la precedenza delle Carte.

C A P I T O L O   I  V .

Istruzione seconda per sapere come si
debbono accusare le Sequenze.

C A P I T O L O   V .

Istruzione terza sopra l’accusare le Figure
in Pariglia, o Cricche, dalle
quali viene formato il Criccone.

C A P I T O L O   V  I .

Istruzione quarta sopra il valore delli punti,
che dalle Sequenze, e Pariglie vengono prodotti.

C A P I T O L O   V  I  I .

Istruzione quinta sopra il modo, con che 
si debbono segnare li punti, conteggiati
dalle Carte accusate.

C A P I T O L O   V  I  I  I .

Istruzione sesta sopra il segnare le Partite nel Tondino,
e quanti Onori vi sieno in questo Giuoco.

C A P I T O L O   I X .

Istruzione settima sopra il significato
de’ termini, che si praticano al presente in questo Giuoco.

C A P I T O L O  X .

Istruzione ottava sopra gli Avvertimenti generali
nel Giuocare.

C A P I T O L O  X  I .

Che contiene li Capitoli delle pene, che si possono
incorrere in questo giuoco, per chi à voglia di giuocarlo a dovere.

C A P I T O L O  X  I  I .  E D  U L T I M O

Di varj Giuochi che co’ Tarocchini si fanno.


C A P I T O L O   I .

Dell’antichità di questo Giuoco,
e come gli Antichi giuocavano.

  Questo Giuoco è antichissimo, talmente che non si ha
cognizione né dell’inventore, né del tempo, in cui fu
ritrovato, ben è vero però, ch’egli è particolare della Città
di Bologna, e fu inventato per passare l’ore nojose con
qualche divertimento. Perciò li nostri maggiori lo
giuocavano con sommo rigore; e siccome questo giuoco
consiste quasi del tutto nella memoria, volevano un
sommo silenzio, ed era talmente rigoroso, che non era
lecito ad un Giuocatore in tutto il tempo, che si giuocava,
se non di dire Sminchiate. Questa parola io non so, che in
verun altro discorso significhi cosa alcuna, fuorché in
questo giuoco, dove vuol dire giuocate Trionfo, e per
ordinario, il Trionfo maggiore. Poscia inventarono di
picchiare, battere, e tirar indietro la Carta invece di
parlare. Di più era proibito lo strepitare col compagno, o
sgridandolo, o lodandolo; onde assolutamente non si
poteva dir parola alcuna, che fosse spettante al giuoco,
non solo in particolare, ma nemmeno in universale. In
riguardo al picchiare su la Tavola v’erano più significati:
se si batteva nel mezzo, voleva dire, o significare di avere
la presa maggiore di quella Sequenza; ma se si picchiava
da una parte della Tavola, voleva dire, che si aveva la
seconda presa. S’usava ancora il tirar indietro la Carta,
che si giuocava, quando uno non voleva, che il Compagno
dasse la presa maggiore di quella Sequenza. Ancora al
presente abusivamente si batte nella Tavola, e si tira
indietro la Carta, facendosi prima giuoco con la voce, e
poi si batte, e si viene a fare due giuochi, li quali sono
proibiti dalli Capitoli. 
  In riguardo poi al modo di giuocare le Carte, e di
contarle, è il medesimo; vi corre bensì differenza in
quanto al giuocare il danaro, da quello che si fa al
presente, perchè anticamente si giuocava a Pesi, e non è
molto, che si è terminato di così giuocare. Le grane
dunque, che al presente si segnano in Piatto, le chiamano
Partite, e allora si chiamavano Pesi. Questo nome lo
ricavavano dal numero 25, che forma il Peso. Ad ogni
grana, che in Piatto si segnava o per Pesi fatti, o per Onori
avuti, si dava il suo valore di quanto s’era prescritto di
giuocare; come per esempio d’un bajocco, o pur di meno,
e in questa forma di giuocare si poteva perdere migliaja di
queste grane, che ora si chiamano Partite. Si teneva un
Piatto solo, nel quale chi vinceva segnava nel Tondo tutti
li Pesi, che fatti avevansi nella giuocata, così ancora tutte
le Oche, e gli Onori, che in quella mano di Carte vi fossero
stati. Se poi avessero perduto nell’altra mano di Carte, si
cavava dal detto Tondo quel numero de’ Pesi, che gli
Avversarj avevano fatti, e così ancora gli Onori, che
avessero avuti. E superando il numero delle grane, cioè
de’ Pesi, che nel Piatto erano segnati, allora si calavan dal
Tondo tutti li segni, e divenivano padroni del medesimo
col segnarvi quel di più, che fatto avevano. Per darne più
chiara idea, egli era come al presente si giuoca, alla
Cinquina a tutto andare. V’erano bensì molti Onori di più,
che al presente non si danno, come a suo luogo si dirà
nella istruzione degli Onori. Ultimamente quelli che,
giuocavano a’ tempi nostri a Pesi, quando davano un
Marcio, o avessero de’ punti segnati, o non ne avessero,
mettevano nel Tondo 200 Pesi. Questo lo facevano
abusivamente, perchè anticamente chi dava un Marcio,
quando non aveva punti segnati, non metteva in Piatto,
che 192 Pesi, giusta il suo conto; perchè li pesi 96, che è
l’importo di tutto il giuoco, si debbono raddoppiare
quando il giuoco è Marcio, e perciò son 192 Pesi, come di
sopra si è detto.
  Se poi avessero avuto de’ punti segnati, non solo gli
aggiungevano alli loro punti (come al presente si fa), ma
raddoppiavano ancora il numero delle Grane, che d’avanti
avevano segnate, ed ancora quelle de’ contrarj. In questa
maniera si diminuiva, e si accresceva il numero delli Pesi,
conforme v’erano de’ punti segnati. Li quattro Giuocatori,
che divisi s’erano di prima, non si dividevano più, se non
quando si lasciava star di giuocare. Questa era la maniera
del giuocare antico. Le descritte notizie, sono ricavate da
un manuscritto molto antico.

C A P I T O L O   I I .

Come si debbono dividere li quattro Giuocatori, 
e in qual maniera si dee distribuire le Carte
quando s’abbia da terminare la Partita,
e come al presente si giuoca il denaro.

 
  Il bel giuoco de’ Tarocchini è composto di Carte
proprie, e sono 62. Questo si giuoca in quattro; due contro
due, e si chiama Partita. Si dividono, questi quattro in
questa maniera: si stende il mazzo di Carte su ‘l Tavolino,
ed ogn’uno di loro piglia una Carta dal detto mazzo; quelli
che hanno pigliato le due minori, diventano Compagni, e
così quelli, che hanno cavato le maggiori, diventano pure
Compagni, e Contrari agli altri due. Quello che leva la
Carta maggiore, debbe egli fare le Carte; queste mescolate
(siccome è lecito anche ad ognuno) le porge da levare al
Giuocatore, che gli stà alla sinistra; di poi piglia quelle,
che sono rimaste su la Tavola, e comincia a distribuirne
cinque per ciascheduno, principiando dal Giuocatore, che
è alla sua destra, distribuite così agli altri, ne piglia cinque
per se, dappoi si ferma, e sente, che cosa dicono gli altri
Giuocatori. Siccome tutti debbono dire a monte, quando
però un de’ Contrari avesse buone Carte, egli può dire la
tengo, che vuol dire, non voglio, che si faccia a monte, e
così impedire a quello, che fa le Carte, il poterle buttar via.
Ed il primo, che riceve le cinque Carte, oltre al poterla
tenere, la può rimettere al Compagno, col dire come vuole.
E questo si fa abusivamente, perchè anticamente era
proibito mandarla al Compagno coll’usare questo termine
come vuole. Il Compagno di quello, che dispensa le Carte
dee dir sempre a monte; egli poi ha jus particolare di
replicare ho cattivo, regolatevi con le vostre, ovvero non
parlare, che sarà segno che non vuole, che li butti via. Al
presente s’usano abusivamente varj termini nel far giuoco
al Compagno, quando fa le Carte, de’ quali però si
spiegherà il significato nella settima istruzione, per essere
questi al presente usati da moltissimi. quando tutti hanno
detto  a monte, s’egli ha cattive Carte, si dee regolare dal
giuoco, che gli fa il suo Compagno. Se seguita a
dispensare le Carte, sarà segno, che non vuol buttarle via;
ma se scopre le Carte, fa a monte, e si dee subito fare senza
che l’altre Carte tocchino le prime, perchè toccandole non
sarà più in tempo, sebben fossero cinque Cartaccie, e così
fa di bisogno subito tenerle, o buttarle via, col rinunciare
le Carte al Compagno susseguente, il quale dee fare il
medesimo. Se poi non le butta via, dee proseguire,
dandone cinque per volta sino che arriva ad averne date
quindici agli altri tre. A lui poi ve ne restano diciassette; e
perciò ne dee scartar due a suo piacere, (fuorchè li
Tarocchi, e li Re) per eguagliare le sue Carte con quelle
degli altri, ed è il primo a fare la scartata; fatta la quale,
dovrà dire al suo Contrario, a mano destra, che si serva,
cioè che giuochi.
   Terminata che si ha ogni Partita, si dividono nuovamente
nella medesima conformità, ed al presente si termina,
quando una delle parti arriva prima a mettere in tondo 150
Partite. Il Giuocatore antico non era di molta economia, e
perciò ne è venuto, che si è messo in uso la Partita in una
maniera detta a tutto andare, che vuol dire pagare quella
moneta, che si è convenuto per le Onoranze, che sono li
500, 600, 700, ec. conforme li quattro Giuocatori si sono
accordati.
  Per esempio si conviene fra le parti di giuocare d’un
Paolo a tutto andare. Chi arriva a fare 500 punti, ne vince
uno; chi 600, due, 700, tre, 800, quattro, 900, cinque, e
quelli che sono li primi ad arrivare a mettere 150 Partite
nel Piatto, ne vincono un altro. Se poi li Contrari non
arrivassero ad avere nel Piatto 75 Partite, ne perdono un
altro, e si dice vincer il giuoco doppio. Che se non
avessero alcuna Partita nel Tondo, dicesi non essere in
Tondo, e se ne vince un altro. Chi dà un Marcio ne vince
un altro, e si vince, perchè li Contrari non hanno fatto
alcuna presa. Chi dà un 1000, ne vince un altro. Se poi
avessero 180 punti segnati sarebbero 1100, e se ne
vincerebbe un altro. E se per fortuna ne avessero de’
segnati 280, allora sarebbero 1200, e se ne vince un altro.
E perchè ogn’uno intenda, descriverò il fin qui detto nella
seguente Colonnetta.
 
Per il   500, uno.
Per il   600, due.
Per il   700, tre.
Per il   800, quattro.
Per il   900, cinque.
Per il  1000, sette.
Per il  1200, otto.
Per il giuoco vinto, nove.
Per il giuoco Marcio, dieci.
Per non essere fuori della Doppia, 
  ossia Marcia, undici.
Per non essere in Tondo, dodici.


  Questo è il metodo, con che si giuoca al presente il
Denaro; onde fa di bisogno insegnare la maniera di
giuocare le Carte, per ammaestrare qualunque Giovane,
che fosse voglioso di imparare questo giuoco; e per ciò
s’istruirà ne’ seguenti Capitoli.


C A P I T O L O   I  I  I .

Istruzione prima sopra la precedenza delle Carte.

 
  Queste Carte sono divise in cinque Sequenze. La prima è la maggiore delle altre, ed è quella de’ Trionfi, detta la
Granda, composta da 22 Carte. Le altre quattro sono
composte di 10 Carte l’una, che fanno in tutte le suddette
62 Carte. Le quattro Sequenze si chiamano Spade, Bastoni,
Coppe e Denari; ogn’una di queste Sequenze è composta
di Carte eguali, e queste sono composte di Figure, e
Cartaccie; perciò è necessario il descrivere il loro nome
per precedenza, e cioè: Re, Regina, Cavallo, Fante, Asso,
Dieci, Nove, Otto, Sette, e Sei. Il Re piglia la  Regina , la
Regina piglia il Cavallo, il Cavallo piglia il Fante il Fante
l’Asso ec. Nelle Cartaccie v’è da notare una differenza,
che corre fra loro, ed è che nelle due Sequenze di Coppe, e
Denari, il numero minore piglia il maggiore, e nell’altre
due di Bastoni, e Spade, il maggiore piglia il minore; e
perchè la cosa sia più chiara e intelligibile, metterò per
ordine di precedenza le dieci Carte della Sequenza di
Coppe, e Denari, e così le altre Carte di Bastoni, e Spade,
acciò confrontandole, si veda ocularmente la differenza
che vi corre.
  Pertanto nomineremo così sopraddetto ordine le dieci
Carte delle due Sequenze, Coppe, e Denari. Re, Regina,
Cavallo, Fante, Asso, Sei, Sette, Otto, Nove, e Dieci.
Quest’ultima è l’inferior Carta di queste due Sequenze, e
viene presa da tutte le altre. Nelle altre due Sequenze di
Bastoni, e Spade, l’ordine suo è questo. Re, Regina,
Cavallo, Fante, Dieci, Nove, Otto, Sette, Sei e Asso; il
qual Asso nelle due altre Sequenze sopranotate è la
maggiore di tutte le Cartaccie e per conseguenza le
prende; in queste due ultime è la minore di tutte l’altre, e
viene preso da tutte le Cartaccie.
   La quinta Sequenza de’ Trionfi, cioè la maggiore detta la
Granda, questa ancora si descriverà per precedenza.
Angelo, Mondo, Sole, Luna, Stella, Saetta, Diavolo,
Morte, Traditore, Vecchio, Roda, Forza, Giustizia,
Temperanza, Carro, Amore, e quattro Mori, i quali non
hanno fra loro alcuna precedenza, ma l’uno piglia l’altro
anteriormente giuocati, Bagattino, e Matto. Questi Trionfi
prendono tutte le Carte, fuorchè li Trionfi loro Superiori.
L’ultimo, cioè il Matto, non prende alcuna Carta, nè può
egli essere preso; se non nel caso, che non si facesse presa
alcuna, perchè dovendo dare una Carta agli Avversarj in
luogo del  Matto, e non avendo altro se non quella, allora
si perde. Nel caso dunque di un giuoco Marcio, non solo si
perde il Matto, ma si perde ancora le due Carte della
scartata, se toccherà a chi avrà scartato. Egli ha poi
un’altra prerogativa, ed è, che si può rispondere a
qualunque Sequenza, che sia giuocata, adattandosi alle
medesime col cavarselo di mano. Per esempio uno giuoca
Spade, l’altro può rispondere col  Matto, ancorchè abbia
Spade nelle mani, col solo mostrarlo; e poi si ripone fra le
prese, che fatte fossero, e non avendone, si tiene avanti
come una presa. In oltre si può giuocare il  Matto, anche
da chi è il primo, nel medesimo modo, mostrandolo
solamente, ed il seguente Giuocatore liberamente giuoca
come se fosse il primo. Il Bagattino ancor egli s’adatta a
tutte le Sequenze, e perciò si chiama Contatore, come
anche il Matto; ma il Bagattino non si può giuocare se
non per solo Trionfo, perchè solamente si adatta alle
Sequenze nel caso d’accusarle. V’è ancora da notare, che
vi sono li quattro Tarocchi, cioè  Angelo, Mondo,
Bagattino, e  Matto, i quali si chiamano le Figure di questa
Sequenza maggiore, come a suo luogo si dirà. In questa
prima Istruzione si è spiegato la precedenza delle Carte;
perciò è necessario passare alla seconda Istruzione.

C A P I T O L O   I  V .

Istruzione seconda per sapere come si
debbono accusare le Sequenze.

 
  Per regola universale nell’accusare non vi vogliono
meno di tre Carte potere segnar punti. Non s possono
accusare le quattro Sequenze di Spade, Bastoni, Coppe, e
Denari quando non s’abbiano nelle mani almeno tre
Figure d’una medesima Sequenza, dovendo sempre avere,
e principiare dal Re, capo della sua Sequenza; così nella
Sequenza della Granda non si può accusare nissun punto,
quando non s’abbia l’Angelo capo della medesima. Vi
avverto, che prima di giuocare, bisogna accusare o con la
voce, oppure porre in Tavola le Carte. Chi non ha Onori da
porre in Piatto, o che non spera di vincere la mano, non
accusi. Per fare dunque chiara idea, descriveremo
distintamente come si debbono accusare le sopraddette
quattro Sequenze. Re, Regina, e Cavallo, s’accusa. Re,
Cavallo, e Fante, s’accusa, e così Re, Regina, e Fante. Ma non si può accusare, per esempio, Re, e Regina solamente, ne Re, e Cavallo ec., ne meno pure Re, Regina, e Asso ec. perchè l’Asso non può servire per terza Figura, non essendo considerato per Figura, si può però accusare
unitamente alle Figure della sua Sequenza. Ma in questo
caso, quando si avesse nelle mani il Bagattino o pure il 
Matto, allora si possono accusare le dette Carte, cioè Re,
Regina e Bagattino; e così Re, Cavallo, Asso, e Matto ec.
perchè qualunque di lor due, che s’abbia nelle mani,
s’adatta a tutte le Sequenze, e soccombe per la terza
Figura, che manca, per poterle accusare; e per questo si
chiamano Contatori.
  In riguardo agli Assi v’è da considerare, che tra loro
compongono una Sequenza, e contuttochè unitamente alle
loro rispettive Figure si accusino coll’accrescere i punti
alla loro Sequenza; pure da loro si ricava un’altra
Sequenza, cioè a dire tre Assi, o pure tutti e quattro
s’accusano, ancorchè non fossero accompagnati alle loro
Figure. Perciò in questa Sequenza il Contatore fa da Asso,
perchè due Assi, ed il Contatore s’accusano, e compisce il
terzo Asso. Non si può però accusare un Asso solo con li
due Contatori, essendo regola del giuoco di non poter
accusare alcuna Sequenza, quando non vi sieno due Figure
d’una medesima Sequenza, cioè il Re con una delle sue
Figure. Quindi siccome un Re, solamente con li due
Contatori non si può accusare, così del pari non vi
vogliono meno di due Assi, per accusarli con li Contatori;
lo che pure accade de’ Mori, e come a suo luogo si dirà.
 E per dare più chiara idea di quanto si è spiegato, daremo
un esempio, cioè Re, Cavallo e Asso di Bastoni. Re,
Regina, e Asso di Coppe. Questa parte senza avere uno de’
due Contatori, non si possono accusare, per le ragioni
addotte di sopra. Ma avendo il Matto, o il Bagattino nelle
mani, allora si possono accusare. E di due Sequenze, che
sarebbero, per essere Figure di soli due Pali, cioè Bastoni,
e Coppe, s’accusano non per tanto tre Sequenze; perchè gli
Assi, benchè sieno utili allo loro rispettive Figure, fanno
nondimeno Sequenza da se, e così vengono a fare tre
Sequenze. In questo caso si conosce l’attività, che da la
legge del giuoco al Contatore nell’adattarsi alle Sequenze:
perchè in un sol punto fa da  Asso, e compisce il numero
delle Figure, che mancano alli suddetti due Pali per poterli
accusare.
   Per andare dunque per ordine, descriveremo il modo
d’accusare le Sequenza della Granda. Questa Sequenza
soggiace alla stessa regola universale, che abbiamo
descritto, cioè, che non si può accusare meno di tre Carte.
Si dice sempre principiare dall’Angelo, capo della
medesima. V’è da avvertire, che in questa Sequenza tutte
le Carte si possono accusare: ma nell’altre quattro si
accusano solamente le Figure. Il Matto, ed il Bagattino,
benchè sieno della medesima Sequenza, non mancano di
fare da Contatori, come si vedrà. Li quattro Mori ancor
essi fanno un’altra Sequenza, come gli Assi, nell’altre
quattro. Nell’accusare questa Sequenza, vi sono tre
Trionfi, ch’io li chiamo privilegiati, e sono Mondo, Sole, e
Luna. Bisogna sapere, che accusando la Granda, quando vi
manca un Trionfo, ella termina, ne si può proseguire,
ancorchè s’avessero gli altri Trionfi, che andassero dietro
a quello, che mancava. Quando però si avesse una
Contatore, allora si può proseguire la Sequenza, perchè
egli soccombe a quel Trionfo, che mancasse. Il privilegio
di questi tre Trionfi egli è, che mancando uno di essi, si
può proseguire la Granda, ancorchè non s’abbia il
Contatore. Se poi ne mancassero due, cioè Mondo, e Sole,
o pure Sole, e Luna, non si potrebbe proseguire la detta
Sequenza, quando non s’avesse un Contatore, che
supplisce ad uno di tali Trionfi.
  Daremo per più chiarezza varj esempj col mostrare in
che maniera questa Sequenza s’accusi, avendo già
dimostrato la precedenza de’ Trionfi. Angelo dunque,
Mondo, e Sole, s’accusano. Angelo, Sole e Luna,
s’accusano, benchè vi manchi il Mondo. Angelo, Mondo, e
Sole, s’accusano, benchè vi manchi la Luna; e così se
mancasse il Sole, per le ragioni addotte di sopra. Ma
quando mancassero due di questi tre Trionfi privilegiati,
per esempio, Angelo, Mondo, Stella, e Saetta, questi
quattro Trionfi non si possono accusare perchè vi manca
Sole, e Luna, de’ quali altro che uno si può lasciar fuori. In
questo caso però, quando si avesse una Contatore nelle
mani, allora si possono accusare detti Trionfi, perchè in
luogo del Sole, o della Luna, vi si può mettere il
Contatore, e così si dee fare, quando manca Mondo, e
Sole, in caso che si avesse Angelo, Luna, e Stella, col
Contatore. Abbiamo spiegato con questo pochi esempj gli
accidenti, che possono occorrere nell’accusare questa
Sequenza, in riguardo a questo tre Trionfi.
  Vi sono altre cose da considerare: una è, che quando
manca due Trionfi uniti, ancorchè s’abbiano li due
Contatori, non si può proseguire la Sequenza, benchè vi
ritrovaste aver nelle mani gli altri Trionfi, che vanno
dietro alli due mancanti: perchè in tal caso li due
Contatori, benchè suppliscono alla due Trionfi mancanti:
pure per legge del giuoco non si può più proseguire la
detta Sequenza; essendochè li due Contatori non possono
andare dietro uno all’altro, ma solo tramezzati da qualche
altro Trionfo, che seguiti uno ad un Contatore, ed altro ad
un altro. A due Trionfi uniti vi si dice la Scavezza, termine
che s’usa in questo giuoco, il quale significa, che non si
può più proseguire la detta Sequenza, ancorchè s’avessero
gli altri Trionfi, che seguono. Per sapere quali siano li
Trionfi, che producono la Scavezza, si tralasciano li tre
Trionfi privilegiati, e si principia dalla Stella, proseguendo
per ordine di precedenza sino al Trionfo d’Amore. Questi
sono li Trionfi, che due uniti Scavezzano. Li Mori non
Scavezzano, perchè fanno Sequenza da se. Daremo un
esempio, per metter più in chiaro questo termine di
Scavezza. Chi avesse l’Angelo, Mondo, Luna, Diavolo,
Morte, con li due Contatori, e non può più proseguire,
contuttocchè abbia il Diavolo, e la Morte, che sono i
Trionfi, che proseguiscono, perchè vi manca Stella, e
Saetta. Essendo questi due Trionfi uniti, benchè vi sieno li
due Contatori, interrompono la Sequenza. Così ancora fa
Scavezza Diavolo, e Morte, o pure Traditore, e Vecchio; e così discorrendo degli altri Trionfi fino all’Amore.
   Per dare maggior lume nel mettere li Contatori in luogo
dei Trionfi mancanti, ci spiegheremo col dar due esempi;
li quali serviranno per insegnamento di tutti gli altri.
Diremo dunque Angelo, Mondo, Sole, Stella, Diavolo,
Traditore, Vecchio, e li due Contatori. Tutti questi Trionfi
s’accusano, perchè la Granda si fa in questa conformità,
cioè Angelo, Mondo, Sole, si tralascia la Luna per essere
uno de’ Trionfi privilegiati, e poi la Stella, ed in luogo
della Saetta, un Contatore; indi il Diavolo, ed in luogo
della Morte, l’altro Contatore, ed in questa maniera si può
proseguire il Traditore, ed il Vecchio, ed ancora gli altri
Trionfi, che seguono, se si avessero. Ma se in questo caso
non avesse altro che un Contatore, allora non si può
accusare detti Trionfi se non se sino al Diavolo, perchè
mancandovi il Trionfo della Morte, e non avendo l’altro
Contatore da poter mettere in luogo del detto Trionfo,
termina la Sequenza, e non possono proseguire gli altri
Trionfi, come si è dimostrato per le ragioni addette di
sopra.
  Spiegheremo la seconda dimostrazione, la quale per
essere la più difficile, molti Giuocatori si trovano
imbarazzati nell’accusare le Carte, che siamo per
nominare. Angelo, Sole, Saetta, Diavolo, con li due
Contatori, queste Carte s’accusano, e si fa in questa
maniera. Angelo, ed in cambio del Mondo, vi si dee
mettere un Contatore, col dire Mondo; perchè se il
Contatore non si mette in questo Trionfo, non si potrà più
proseguire la Sequenza, mentre saremo obbligati a dover
metter li due Contatori uniti, in luogo dei due altri Trionfi
mancanti, cioè Luna, e Stella, nelli quali, per le ragioni
adottate di sopra , non si possono metter li detti Contatori
unitamente. Torniamo dunque a dire: Angelo, in luogo del
Mondo, un Contatore, e poi Sole, fuora Luna per essere
uno de’ tre Trionfi privilegiati, nella Stella, che manca
l’altro Contatore; e se facendosi in questa maniera, ci va
unitamente la Saetta, e il Diavolo. Quando si sono posti in
opera li Contatori, cioè in luogo di qualche Trionfo
superiore, non si possono più adoprare, e termina la
Sequenza, mancandovi un altro Trionfo.
  Dalla descrizione di queste due dimostrazioni, e dalla
osservanza delle regole, che si sono prescritte, s’impara
con facilità la maniera d’accusare questa Sequenza. Li
Mori fanno Sequenza da se; perciò s’accusano nella
medesima conformità, che di sopra si è spiegato in quanto
all’accusare la Sequenza degli Assi.
   In riguardo alli Contatori, v’è un’ altra cosa da
osservare, ed è quella di aumentare le Sequenze, fuori però
della Granda, perchè sono della medesima Sequenza; ma
nelle altre Sequenze non solo suppliscono alla mancanza
delle Figure per poterle accusare; ma aumentano l’istesse
Sequenze, come per esempio: Re, Regina, Cavallo, Fante,
e Asso, s’accusano unitamente, senza avere bisogno delli
Contatori; e così li quattro Mori, e li quattro Assi.
Contuttociò avendo con queste Carte li Contatori,
s’accusano unitamente alle dette Carte; ed aumentano la
Sequenza, co far accrescere il numero de’ punti a cinque
per ogni Contatore. Abbiamo terminato di descriver la
maniera di accusare le sopradette Sequenze; resta ora da
spiegare un’ altra maniera d’accusare le dette Figure, cioè
in Pariglia.

C A P I T O L O   V .

Istruzione terza sopra l’accusare le Figure
in Pariglia, o Cricche, dalle
quali viene formato il Criccone.

  La Pariglia, o Cricca altro non è, che avere almeno tre, o quattro Carte di egual condizione, e s’accusano come segue; cioè tre Re, o pur tutti quattro s’accusano, e così discorrendo dell’altre Figure, cioè Tarocchi, Regina, Cavallo, e Fante. Si dee avvertire, che li Contatori, in questa conformità d’accusare, vengono considerati per semplici Tarocchi: perchè due Re con un Contatore, non si possono accusare, e così due Regine, due Cavalli, ec., e non potendosi accusare, se non Re con altri Re; Regine con altre Regine; Tarocchi con Tarocchi, e nell’istessa conformità l’altre due Figure; ne viene, che il Matto, e il Bagattino sono considerati per puri Tarocchi, e come semplici Figure della Sequenza de’ Trionfi.
  Il termine di Criccone deriva dalla parola Cricca: perchè tre Cricche fanno il Criccone, e viene constituito da tre delle suddette Pariglie. o Cricche. Per esempio, tre Tarocchi, tre Re, tre Regine, formano Criccone. Non è però necessario sieno per appunto ogn’una di esse Pariglie tre Figure; basta che non sieno meno. Per esempio tre Re, tre Regine, e due Cavalli, non compiscono il Criccone, perchè non sono, che solamente due Pariglie; ma se uno avesse quattro Tarocchi, quattro Re, e tre Regine; egli ha maggior Criccone, e tanto più se fosse composto di quattro, o cinque Pariglie, perchè l’aumentare le Pariglie, e le Figure delle medesime Pariglie, non guasta il Criccone, ma si aumentano li punti, come a suo luogo si dirà.

C A P I T O L O   V I.

Istruzione quarta sopra il valore de’ punti,
che dalle Sequenze, e Pariglie vengono prodotti.


  Siccome si è spiegato al dissopra la differenza, che corre tra l’accusare le Sequenze, l’accusare le Pariglie, con tutto che sieno le medesime Figure, che s’accusano: così ora è da spiegarsi la disparità, che pur vi corre nel contare li punti. Principieremo adunque dalle Sequenze col dimostrare la maniera di contare il valore de’ punti. Per poter accusare non vi vuol meno di tre Carte, così ancora per contar punti. In qualunque Sequenza tre Carte vagliano 10 punti. Ad ogni Carta , che si accresca alle sopraddette tre Carte, vi si aggiungono 5 punti, che fanno 15. Per mettere dunque la cosa più in chiaro, daremo un esempio coll’accusare distintamente le Figure d’una delle quattro Sequenze, il qual esempio servirà per tutte le altre. Re, Regina, e Cavallo, accusano 10 punti, aggiungendovi il Fante 15, l’Asso 20, e se vi saranno uniti li due Contatori, s’accuserà 30 punti. Questo è il numero maggiore de’ punti, che si possono accusare in ciascheduna delle quattro Sequenze, Coppe, Denari, Bastoni, e Spade. In quanto poi alle due Sequenze, cioè Assi, e Mori, si contano li punti nella medesima conformità di sopra accennata, cioè tre Mori, e tre Assi, 10 punti, tutti quattro, 15, uniti alli due Contatori 25. Ogn’una di queste due Sequenze non sorpassa li 25 punti. Ancora nella Sequenza de’ Trionfi, detta la Granda, tre Carte, cioè Angelo, Mondo, e Sole, contano 10 punti, aggiungendovi un altro Trionfo, cresce 5 punti, e tutti quelli Trionfi, che si possono aggiungere, si debbono calcolare 5 punti per ciascheduno: perciò tutta questa Sequenza unita il valore è di 105 punti.
  V’è da notare, che alle volte s’accusano molte Sequenze; perciò quando sono tre, e non meno, allora si raddoppiano li punti, che producono le dette tre Sequenze; così avendone quattro o cinque ec. di mano in mano si raddoppiano li punti.
 Passiamo alla maniera di contare li punti delle Pariglie. Tre Tarocchi contano 18 punti, tutti quattro 36. Tre Re 17, e tutti quattro 34. Tre Regine 14, e tutte quattro 28. Tre Cavalli 13, e tutti quattro 26. Tre Fanti 12, e tutti quattro 24. Quando si ha tre Re, tre Tarocchi, o tre Fanti ec. si debbono raddoppiare li punti di tutte queste tre Pariglie differenti, per essere Criccone, come si è spiegato di sopra. Ed ecco insegnata la maniera di contare li punti delle Sequenze delle Pariglie, e del Criccone. Resta ora da sapere il valore intrinseco delle Carte, il quale è questo. Ogni Tarocco ha di valore in se 5 punti; così ancora li quattro Re; perciò diconsi Carte da cinque; le Regine 4 punti, li Cavalli 3 li Fanti 2, le Cartaccie, ed i Trionfi non hanno in se alcun valore, se non a quattro per un punto.
  Ogni volta, che si è giuocato una mano di Carte, si contano li punti di chi vince, e per vincere basta fare un sol punti di più delli Contrarj. Per contarli dunque si fa in questa maniera. Chi perde dee metter fuori le sua Carte, per poter contare li punti di quelli, che hanno vinto, essendo più facile il contarli in questa conformità, per essere di minor numero le Carte di quelli che perdono, e potendosi ricavare perciò con maggiore prestezza li punti di quelli, che hanno vinto.
  Daremo dunque una dimostrazione, la quale servirà per apprendere con più facilità come si debbono contare li punti. Per esempio, chi ha perduto, si ritrova avere nelle sue prese il Re, e la Regina di Spade, il Re, Regina, Cavallo, e Asso di Bastoni, un Moro, due Trionfi, cioè Diavolo, il Vecchio, ed un Contatore: da queste Carte vi si ricava li punti degli Avversarj. Deesi per tanto in primo luogo considerare, se quelli, che vincono abbiano Criccone. Per esservi questo bisogna osservare, se in Tavola , vi sieno tre Figure differenti, e che ogn’una di queste abbia una delle sue compagne della medesima specie, cioè due Cavalli, due Regine, due Fanti ec, perchè in tal caso chi vince non ha Criccone. Al contrario vi è Criccone , quando cioè, non v’è solamente che un Cavallo ed un Tarocco, benchè vi sieno due Re e due Regine. Perciò si principia a contare 18 de’ tre Tarocchi, 24 de’ quattro Fanti, e 13 de’ tre Cavalli, che sono in tutto 55 punti del Criccone; poi si dee proseguire a contare le Sequenze, cioè 15 degli Assi, per esservi un Asso in Tavola  con un Contatore; e così altri 15 punti delli Mori. L’altre due Sequenze di Coppe, e Denari, sono 50 punti, per esservi un Contatore in Tavola ; ma la Sequenza della Granda è di 40 punti, perchè il Vecchio l’interrompe. Tutti questi punti delle Sequenze, uniti con quelli del Criccone fanno 175 punti, che raddoppiati sono in tutto 350. Si dee notare però nel raddoppiare questi punti, che se mai non vi fosse Criccone, e che vi fossero tre Sequenze, o più, si debbono solo raddoppiare li punti delle Sequenze, e poi aggiungervi li punti delle Pariglie semplici, se vi sono, quando non arrivassero a compier il Criccone. Così ancora succede, se non vi fossero, che due Sequenze, e che vi fosse Criccone; allora si raddoppiano solamente li punti del Criccone, e li punti delle Sequenze vi si aggiungono semplici, e non si raddoppiano, quando non sono tre Sequenze, o più. Se quelli, che hanno vinto, avessero accusati de’ punti (ma però segnati a dovere, come a suo luogo si dirà) allora tali punti si debbono aggiungere a quelli, che si sono contati; proseguendosi  poi a contare li punti, che producono le Carte. Ma per lo più per non avere questa soggezione, vi si dà un numero di punti,  il qual si regola dalla quantità delle Carte, che hanno: certe volte però occorre, che v’è bisogno di contarle; perciò è necessario spiegare in che maniera si debbono contare dette Carte.
  Queste Carte si contano a quattro; le Figure si contano con li punti descritti; perciò un Tarocco con tre Carte di nissuno valore si conta per 5 punti, e cosi il Re, perchè sono Carte da cinque: una Regina con altre tre Carte di niun valore, 4 punti; e via discorrendo di tutte l’altre Figure. Quando vi sieno poi due Figure unite,  o pur tre, o tutte quattro, allora si conta differentemente: per esempio, un Tarocco, un Re, un Cavallo, e un Fante. Queste quattro Carte, contandole conforme li proprj punti, farebbero 15 punti. Ma non si possono contare in questa conformità, mentre la legge del giuoco porta che si debbano contare nella maniera che segue.
  Si principia a contare per lo proprio punto d’una Figura, calando un punto per ciascheduna delle altre tre. Il Tarocco dunque si conterà per li suoi 5 punti; ma il Re , nel caso s’abbia dato al Tarocco il suo valore, non si può più contare, se non per 4 punti, il Cavallo per 2, e il Fante per 1; le quali quattro Carte insieme fanno 12 punti. Così si dee sempre contare quando fossero tre Figure, o due insieme, calando un punto a tutte le Figure, fuori che la prima, che si conta. E la ragione si è, che volendo che una Figura abbia tutto il suo valore de’ punti, bisogna che sia accompagnata da tre altre tre Carte, cioè Cartaccie, o Trionfi, che non hanno nissun valore; e così unendo tre Cartaccie ad un’altra, compongono un punto, e contando un punto nelle Cartaccie, bisogna che cali un punto nelle Figure, unendosi insieme quelle in luogo delle Cartaccie. contando le suddette Carte in questa maniera a quattro a quattro, senza mettervi li punti delle Sequenze, e delle Pariglie, e del Criccone, fanno in tutto 71 punti, e due Carte. Li punti poi, che si possono ricavare da tutte le Carte, sono li seguenti. Tutte cinque le Pariglie fanno 148 punti, e si chiama Criccone. Le quattro Sequenze, di Coppe, Denari, Spade, e Bastoni sono 120 punti. Le due Sequenze, degli Assi, e Mori, sono 50 punti. La Sequenza della Granda è di 105 punti, che in tutto sono 423 punti. dovendosi questi raddoppiare, per essere punti composti di Criccone, e di molte Sequenze, e come si è spiegato, fanno 846 punti, che dalle Carte si ricavano, cioè 71 punti, con li 6 dell’ultimo, fanno in tutto 913 punti, non potendo arrivare a 1000, benchè si un giuoco marcio, quando non vi sieno 80 punti segnati.
  Mi è parso bene il dover qui spiegare un modo facile di contare la Sequenza della Granda, quando sia interrotta da Trionfi mancanti, che Scavezzano; ed il più sbrigativo di qualunque altro metodo. Convien dunque formare ad ogni Trionfo, che Scavezza, il suo numero; il qual numero distinto quale egli sia, mi fo a spiegarlo brevemente per poi dare qualche esempio per più chiarezza.
  Angelo, Mondo, Sole, Luna, questi sono quattro Trionfi, a’ quali non si dà numero, perchè si vede, che questi quattro Trionfi fanno 15 punti, e non sono quelli, che veramente Scavezzano. Principieremo dalla Stella, e diremo =
Stella, ha il 16
Saetta, ha il 15
Diavolo, ha il 14
Morte, ha il 13
Traditore, ha il 12
Vecchio, ha l’11
Roda, ha il 10
Forza, ha il 9
Giustizia, ha l’8
Temperanza, ha il 7
Carro, ha il 6
Amore, ha il 5
  Ultimo Trionfo, che fa Scavezza.
  Spiegato ora il numero distinto d’ogni Trionfo, discendo a mostrar con due esempj la maniera d’adoprare gli stessi numeri. Pongasi dunque che quelli, che hanno perduto, si trovino avere in Tavola  Amore, Vecchio, e Matto. In questo caso sarà d’uopo notare l’ultimo Trionfo, che Scavezza, e ricordandosi il numero, ch’egli ha, far così: all’Amore, che ha il 5, aggiungere il Vecchio, e dire 6, poi il Matto, e dire 7. Fatto questo si dovrà moltiplicare esso numero 7 per 5, che fa 35, i quali 35 punti cavati dalli 105 punti della Granda, restano 70 punti, numero preciso, che si ricava da detta Sequenza.
  Ecco un altro esempio per maggiore intelligenza. V’è nel Tavolino v. g. Sole, Saetta, Traditore, e Roda. La Roda è il Trionfo, che Scavezza, ed il suo numero è il 10: a questo numero si dovrà aggiungere il Sole, la Saetta, e il Traditore, dicendo 11, 12, 13, quindi moltiplicare questo ultimo numero per 5, che fa 65, i quali 65 punti levati dalli 105 punti della Granda, restano 40 punti, come si può vedere.
 Vi saranno molti, che non li parerà così facile il contare la Granda in tale maniera; ma pure quando s’abbia messo a memoria li numeri, che si sono dati alli Trionfi, riuscirà allora più facili il contarla.
  Vi è ancora un altro modo di contare li punti, il quale è questo: quando di è contato la Granda, ed il Criccone, in vece di contare li punti delle Sequenze, come si è descritto dissopra, si conta quante Figure sono, ed ogni Figura si computa per 10 punti. Per spiegarsi con più chiarezza contaremo, con questo metodo le medesime Carte, che dissopra abbiamo contate. Ritrovandosi dunque in Tavola  Re, Regina di Spade, Re, Regina, Cavallo, e Asso di Bastoni, un Moro, Diavolo, e Vecchio, Con un Contatore, tali Carte per contale in questo modo, bisogna calare ad ogni Sequenza di Coppe, e Denari, che contar si debbono, per esservi un Contatore in Tavola , restano 6 Figure per ciascheduna Sequenza, ma dovendosi calarne una si devono contare per 5. Le due Sequenze degli Assi, e Mori, essendovi un Moro, un Asso, ed un Contatore in Tavola , restano quattro Carte per ciascheduna Sequenza, perciò si devano contare per 3, che in tutto fanno 16 Carte, o Figure, le quali moltiplicate per 10 fanno 160 punti; aggiungendoli li 110 punti del Criccone, con li 80 della Granda fanno in tutto 350 punti, come si è già dimostrato nella  sopraddetta dimostrazione: li punti delle Carte si computano nella stessa conformità descritta. La ragione di contare li punti delle Sequenze in questo modo ella è, che siccome non vi vuol meno di tre Carte per contare 10 punti, e tutte l’altre Carte, che vi si aggiungano si contano per 5 punti: levando dunque una Carta ad ogni Sequenza, si viene a levare quella terza Carta, che compone li primi 10 punti, ed in questo modo si eguaglia il numero a tutte le Carte; e siccome si devono raddoppiare li punti delle Sequenze, quando sono tre, o più per questo si computa ad ogni Carta 10 punti, e per tale uguaglianza viene prodotta la giusta somma di tutti li punti delle Sequenze. Rarissimi sono quelli, che praticamente si servano di questa maniera di contare, benchè varj pretendano, che sia la più facile, e sbrigativa; l’uso che universalmente si pratica dimostra il contrario; con tutto ciò non ho voluto mancare di insegnare questo metodo per chi avesse voglia d’impararlo. La Granda si potrebbe contare ancor ella in questo modo; ma siccome questa Sequenza è composta di moltissime Carte, e per ragione della Scavezza, diventano ora d’un numero, ora d’un altro, perciò vi vorrebbe più tempo, e sarebbe più facile lo sbagliarsi, che il contarla col metodo sopradescritto, colli numeri assegnati alli detti Trionfi.
  Molti dicono, che vi sia ancora una regola per contare più facilmente il Criccone, e volendo io impararlo sono   andato da varj, che avevano concetto di saperla, ma in realtà non ho trovato esser vero; che però, o tal regola non evvi in effetto, o per  mia disavventura non avrò ritrovato quello, che veramente la sappia.

C A P I T O L O   V  I  I .

Istruzione quinta sopra il modo, col quale 
si debbono segnare li punti, conteggiati
dalle Carte accusate.


  Il segnar punti vuol dire, che dopo aver conteggiato quello, che s’accusa prima di giuocare, cioè in quanto al valore delle Sequenze, o Pariglie accusate, e fatta la somma d’essi punti, è necessario il porre avanti di sè, o del Compagno tanti segni, o sieno Ferlini, o Lupini ec. quante sono le decine d’essi punti, per farne memoria, perchè scordandosi  di segnarli, sarà come se non si fossero accusati, non potendo più, se si vince, aggiungerli alli suoi punti. Avvertasi però, che se tali punti non arrivassero a formare decine intere, in tal caso, o che i numeri che vi restano dopo l’ultima decina compita, arrivano alla metà d’altra decina, e allora si conteggerà, come se la decina susseguente fosse veramente compita; o non arrivano alla metà come sopra , ed allora i punti, che vi saranno di più dell’ultima decina compita, si ometteranno. Eccone l’esempio: se i punti segnati saranno 14, o 34, tu segnerai solo 10, o 30, se poi saranno 15, o 35 allora segnerai 20 o 40, e cioè due, o quattro Lupini. La ragione si è, che siccome si guadagna accusandone 15, o 35 ec. arrivando questi punti alla metà della decina; così si dee perdere accusandone 14, o 34, stante il non arrivar essi alla metà della detta decina: Si dee avvertire, che bisogna segnare li punti accusati avanti che sia coperta la prima presa di Carte. La parte, che segna  meno punti di quello, che accusa non rifiuta, ma perde quei punti, che non segna.
 V’è un’altra maniera di segnare, ed è quella di  mettere in Piatto le Partite, la quale si spiegherà nell’Istruzione seguente.

C A P I T O L O   V  I  I  I .

Istruzione sesta sopra il segnare le Partite nel Tondino,
e quanti Onori vi sieno in questo Giuoco.

   Altro  è il segnar punti, altro il segnar le Partite. Circa le Partite, questo vuol dire porre nel Piatto, o Tondino li segni delle Partite, che dalli punti si sono ricavate. Bisogna dunque sapere, che ogni Partita, cioè ogni grana, che si mette nel Tondino, equivale a 25 punti: Per esempio: chi avesse fatto 200 punti, questi si riducono in 8 Partite, perchè 8 via 25 fa 200 Punti; e chi avesse fatto 325 punti , dee andare con 13 Partite in Piatto; ed in questa maniera si dee proseguire in tutti li punti, che si possono fare. Si dee però avvertire, che, facendo 324 punti, non si considerano, che per 300 punti, non dovendosi mettere nel Tondino che 12 grane, perchè non arrivano alli 25 punti, che formano una Partita; perciò questi punti vanno a male, come non si fossero fatti: e così succederebbe a chi facesse 349 punti, mentre non arrivando al 50 non può mettere più di 13 gran nel Tondo per le ragioni addotte dissopra nel Capitolo VII; il che servirà di norma per tutti li casi consimili. Oltre le Partite, che con li punti si fanno, si mette ancora nel Tondino in altra maniera delle grane, guadagnando gli Onori, che dà il Giuoco. Tali Onoranze sono stabilite, come fossero leggi del giuoco; perciò è necessario il descriverle.
  In primo luogo, chi è il primo a portare nel Piatto, dee mettere di più di 10 Partite; questo si chiama Onore, o Onoranza, e quando arriva alla somma di 10 grane, vi si dà il nome di Oca, termine particolare di questo giuoco, per non dire 10 Partite. Chi fa a monte quando dispensa le Carte perde 5 grane. Chi scarta, s’egli perde la giuocata, la parte contraria, che vince la mano, ne dee porre 5 di più. Chi la tiene, e che vinca la giuocata, ne pone 5 per la tenuta, e altre 5, perchè li Contrarj hanno fatto le Carte, che sono 10 Partite di più. Chi la tiene, s’egli perde, allora i Contrarj ne mettono solamente 5; e chi fa le Carte, se vince la mano, non ha nissun Onore, quando li Contrarj non l’abbiano tenuta. Chi piglia il Bagattino alla parte contraria ne vince 5, e chi piglia il Mondo altri 5. Chi vince la giuocata senza li Contatori, ha un’Oca d’Onore, cioè 10 Partite di più. Ancora le grane, che d’avanti di sono segnate per ogni parte, per li punti accusati, diventano Onori; e perciò chi vince dee mettere in Tondo tante Partite di più, quante grane sono state segnate. Chi accusa tre Mori dee mettere un’Oca in Piatto. Chi quattro, due Oche. Chi tre Re, una, e chi quattro, due Oche. Accusando poi le Sequenze, vi sono li suoi Onori; e in questo ancora si osserva la regola generale, che avendo meno di tre Sequenze, non vi sono Onori. Accusandone dunque tre, si ha d’Onore un’Oca, accusandone quattro, due, cinque, tre, sei, quattro; e così proseguendo; perchè a tutte le Sequenze, che vi sono di più di delle tre Sequenze vi si dee accrescere un’Oca d’Onore per ciascheduna Sequenza. Gli Antichi usavano, che quando uno accusava molte Sequenze, duplicavano gli Onori: così ad uno, che avesse accusato quattro Sequenze, davano due Oche, cinque, quattro Oche, sei, otto Oche ec. per essere più difficile l’accusarne molte, che l’accusarne semplicemente tre. Se nell’accusare molte Sequenze vi fossero tre Tarocchi, tre Re, e tre Mori, o pur Criccone; gli Onori di queste Carte non si confondono con gli Onori delle Sequenze; e perciò si debbono segnare le sue Oche nel Tondino tanto quanto fossero accusate separatamente. Chi accusa Criccone, ha 2 Oche d’Onore. Gli Antichi, quando accusavano il Criccone formato da quattro Pariglie, duplicavano gli Onori, cioè quattro Oche; e se fosse stato di cinque, otto Oche: siccome al  presente il Criccone semplice di tre Pariglie ha di Onore due Oche, per esser più difficile l’accusar questo, che accusare tre Sequenze. Dunque qualche cosa dovrebbe avere di più d’Onore, quando fosse di quattro, o cinque Pariglie (caso per altro rarissimo a succedere); tanto più, che al presente, accusando una semplice Pariglia, cioè li Re, e li Tarocchi, compita di tutte le quattro Figure, si duplicano gli Onori; ed è pure tanto più facile ad accadere.
  Le Cartaccie ancor esse, quando s’arriva ad averne un certo numero, s’accusano, perchè vi sono li suoi Onori; e così ancora de’ Trionfi succede. Chi ha 10 Cartaccie, guadagna un’Oca. Chi ne ha 11, due Oche. Chi 12, quattro Oche. Chi 13, otto Oche. chi 14, sedici Oche. Il medesimo s’intende de’ Trionfi. Chi accusa 14 Cartaccie, o Trionfi, vince la Partita, perchè trapassa il numero delle 150 Partite, che terminano il giuoco. Gli Antichi accusando 14 Cartaccie, o Trionfi, andavano in Tondo con 160 grane; e quando ne accusavano 15, ne mettevano 320. Pure al presente nell’accusare le Cartaccie, li Trionfi, e le semplici Pariglie delli Tarocchi, dei Re, e la Sequenza de’ Mori, si osserva il giuocare antico, perchè solo in questi casi si raddoppiano gli Onori ad ogni Carta, che vi si aggiunga. Ma non già così nelle Sequenze, e nel Criccone, come si è detto di sopra. Si dee avvertire, che il Matto, s’accusa come Cartaccia, ed ancora come Trionfo: ma il Bagattino, in questo caso, non si può accusare, che per puro Trionfo, o pure per Contatore, se vi è da contare. Chi non ha Trionfi nelle sue quindici Carte, ha due Oche d’Onore: in caso poi, ch’egli scartasse, e ne avesse degli scartati, allora non ha d’Onore che una sol Oca. Questi sono gli Onori, che s’hanno d’accusare.
  Vi sono degli altri Onori, cioè nelli punti, che si fanno, terminata la giuocata. Chi arriva a fare 500 punti, ha d’Onore 20  Partite, e queste s’uniscono alla 20 Partite, che producono li 500 punti, che in tutto sono 40 Partite, oltre poi a gli altri Onori, che vi potessero essere, li quali si debbono aggiungere alle dette Partite. Chi fa 600 punti, ha d’Onore 30 Partite. Chi ne fa 700, ne ha 40. Chi ne fa 800, ne ha 50. Chi ne fa 900, ne ha 60. Chi ne fa 1000, ne ha 70. Chi ne fa 1100, ne ha 80. Ancorchè non fosse Marcio, si termina la Partita: perchè dando un 1190, vi vogliono 180 punti segnati, li quali non si possono accusare senza  d’avere Onori; e perciò uniti insieme, e computati li detti Onori con le 44 Partite, che se ne ricavano dalli detti punti, e le 80 d’Onore, con finalmente le 18 grane, che d’avanti erano segnate, viensi a trapassare il numero di delle 150 Partite, termine del giuoco. E tanto più si termina la Partita col dare un 1200, benchè non sia Marcio, il quale ha d’Onore 90 Partite. Chi fa 500 punti senza l’Angelo, ha d’Onore 10 Partite; e così se dasse un 600, o 700. Gli Antichi però dando un 600 senza l’Angelo , avevano d’Onore 20 Partite, e dando un 700 senza lo stesso Angelo, 30. Siccome è più difficile il dare il 600, e il 700 senza l’Angelo, che non il dare il 500; perciò volevano, che fosse riconosciuta questa difficoltà col darvi più Onoranze. V’è ancora un altro Onore, ed è, che quelli, che fanno l’ultima presa, hanno d’Onore 6 punti, e se vincono la giuocata, li debbono unire alli loro punti.
  Fin qui abbiamo spiegato gli Onori, che dà il giuoco delli Tarocchini: resta ora da esporre il significato de’ termini, che s’usano in questo giuoco.

C A P I T O L O   I X .

Istruzione settima sopra il significato
de’ termini, che si praticano al presente in questo Giuoco.


  Essendo questi termini stati corrotti da Giuocatori, per farsi intendere da principianti, se ne è fatto tale l’abuso , che nessuno sta a le leggi de’ Capitoli, ed ogni Casa, dove si giuoca a Tarocchini, fa legge da se, col lasciar correre, secondo i varj genj, varj abusi, che non si dovrebbero permettere; essendochè non solo nè tempi antichi, ma ancora non molto a tempi nostri pochissimi d’essi termini si usavano: Perciò segneremo coll’asterisco * certi termini, che nè meno al presente tollerare si dovrebbero, benchè sieno usati da molti; lasciandone intanto passare qualched’un altro per adattarsi in qualche maniera all’uso presente.

 E in primo, luogo spiegheremo i Termini, che si dicono
   al Compagno avanti ch’ egli giuochi la sua Carta.

 Sminchj, o pure Sminchj il più bello.

  Vuole dire, che giuochi il Trionfo principale, che ha nelle mani.
La posso servire d’un Piccolo.
  Con questo termine si dimostra al Compagno d’avere nelle mani il principale Trionfo.
* La posso servire per dei Piccoli.
  Egli è un termine che spiega molto, perchè significa al Compagno d’avere nelle mani li due Trionfi principali.
Tiri de’ Trionfetti.
  Questo vuol dire al Compagno, che giuochi de’ piccoli Trionfi, ma non il minore.
Vadi giuocando, o pur Mincj, Mincj.
  Vuol dire al Compagno, che muti giuoco; cioè giuochi Sequenza, che non sia stata giuocata. Questi due termini erano proibiti, e non è molto che si permettono.
Giuochi.
  Questo temine si usa volendo denotare al Compagno, che si giuochi di quella Sequenza, che io ho accusata.
Giuochi con loro.
  Questo significa al Compagno, che debba giuocare di quella Sequenza, che li Contrarj avranno accusata.
Giuochi di queste.
  Con ciò si notifica al Compagno, che torni a giuocare l’istessa Sequenza, che allora era stata giuocata.
Giuochi di quelle.
  Questo termine vi sono pochi, che l’intendono; perchè molti lo confondono col sopra descritto: ma il suo significato è di far intendere al Compagno, che debba giuocare, non la Sequenza, che allora era stata giuocata; ma quella, che poco avanti si era giuocata.
Giuochi le sue.
  Significa al Compagno, s’egli ha de’ Re nelle mani, che li giuochi. Ancora si può servire di questo termine, quando il Compagno avesse una Carta in pericolo di perderla, ed allora si dice questo termine, acciocchè egli intenda, che si ha maniera di salvarla.
Giuochi sempre le sue.
  Questo termine è quasi consimile al sopraccennato, ma vi è questo divario, che quella parola sempre significa al Compagno, ch’egli debba giuocare sempre le sue maggiori, cioè tutte quelle Carte, che sa di certo, che non possono esser presi dalli Contrarj, quando sieno stati giuocati li Trionfi.
Giuochi sempre delle buone.
  Questo significa al Compagno, che debba giuocare delle Figure, dicendogli con questo termine, che si ha delli Re nelle mani, il che è un parlar troppo chiaro.
Giuochi sempre delle cattive.
  Vuol significare questo termine al Compagno, che non si ha nelle mani nissun Re; e questo pure è un parlare chiarissimo.
Giuochi pur sempre.
  Vuol dire al Compagno, che giuochi sempre quella Sequenza, che può far perdere alli Contrarj una Carta, che molto gli preme di salvare.
* Vadi giuocando le sue.
   Veramente questo termine è poco tempo, che si usa, ed ancora al presente non si permette in tutti i Tavolini, dove si giuoca: e bene però di spiegarlo con chiarezza. Se il Compagno avesse accusato un Re con le sue Figure, e che vedesse evidentemente che li Contrarj li potessero rispondere con Trionfo, allora si usa tal termine, acciocchè il Compagno intenda, che dee giuocare la Carta inferiore del Re, che ha accusato; o pure in altro caso volendo tirare un giuoco. Per esempio io ho il fallo della Sequenza, che ha accusato il mio Compagno; ed avendo molti Trionfi, e volendoli assicurare nelle mani le sue Carte, e potendo rimettere il giuoco nelle mani di esso in un altro Palo, uso questo termine, acciocchè intenda, che dee giuocare l’inferior Carta della Sequenza, ch’egli ha accusato; dal qual uso ne viene, che si danno molto Marcj.
Torni là.
  Con questo termine si notifica al Compagno, che si vuole, che torni a giuocare di quella Sequenza, che fu da molto tempo giuocata; e questo termine non è molto che si è messo in uso.
La faccia andare.
  Questo termine significa al Compagno, che debba giuocare quella Sequenza, a cui li Contrarj debbano rispondere con Trionfo.
* Mi faccia andare.
  Vuol dire al Compagno, che giuochi di quella Sequenza, dove io gli debbo rispondere con Trionfo.

Spiegazione de’ Termini che si usano
nell’atto di giuocare.

Batto.

  Questo termine significa al Compagno, che avete nelle mani la Carta maggiore della Sequenza, che giuocate. Per esempio l’Angelo nella Sequenza de’ Trionfi, e nell’altre quattro Re. Quando queste fossero state giuocate, allora si può fare lo stesso giuoco nel Mondo, e così nelle Regine, perchè questo termine si può usare in qualunque Carta, purchè sieno state giuocate le Carte maggiori. Si usa ancora il termine di Battere, ancorchè non s’abbia la Carta maggiore senza fare alcun giuoco falso. Per esempio il mio Contrario giuoca Coppe; io rispondo con una Cartaccia, e dico Batto: con questo medesimo termine faccio intendere al Compagno, che io ho la Regina di Coppe, acciocchè risponda col Re s’egli lo ha nelle mani.
* Batto forte.
  Questo è il medesimo termine di sopraccennato, con questa differenza però, che bisogna avere nelle mani le due Carte maggiori della Sequenza, che giuocate.
* Batto fortissimo.
  In moltissimi luoghi questo termine, non è ricevuto, perchè accusa troppe Carte. Vuol però dire al Compagno, che avete tre Carte, cioè le maggiori di quella Sequenza, che giuocate.
Batto indietro.
  Si notifica al Compagno con questo termine d’avere nelle mani la Carta, che va dietro alla maggiore della Sequenza, che giuocate. Per esempio il Mondo, nella Sequenza de’ Trionfi, e le Regine nell’altre. Però si rende necessario nell’usar questo termine di osservare, se mai il vostro Compagno (ma non li Contrarj) avesse detto Batto, per esempio nell’Angelo, o pure un Re, allora ritrovandovi nelle mani il Mondo, o la Regina di quel Re, su cui egli vi ha fatto giuoco, bisogna usare l’istesso termine di Batto; mentre queste Carte diventano realmente Battute, per aver il Compagno le maggiori: perchè si dicesse, Batto indietro, verreste a significare al Compagno d’avere solamente il Sole, o pure il Cavallo di quella Sequenza, della quale il vostro Compagno vi ha significato d’avere la Carta maggiore. E siccome in qualunque Carta si può usare il termine Batto, quando le maggiori sieno state giuocate; così ancora si può usare il termine di Batto indietro in qualsivoglia Carta, ogni qualvolta non vi sia nelle Carte, che restano da giuocare, una sola Carta superiore alla detta Carta; e perchè il Compagno non vi abbia Battuto.
* Indietro forte, o pure indietro fortissimo.
  Questi sono termini, che spiegano di molto al Compagno, mentre si dinota d’avere nelle mani due, o tre Carte di valore, cioè quelle, che vanno dietro alla maggiore di quella Sequenza, di cui fate giuoco.
Sono in qualche luogo.
  Questo termine si usa al più nella Sequenza de’ Trionfi, col quale si spiega al Compagno d’avere nelle mani uno de’ Trionfi principali della Granda. Si può usare ancora nell’altre Sequenze, quando s’abbia il Cavallo, o il Fante.
Stricco.
  Vuol dire, che avete in mano una Carta consimile di quella Sequenza, che giuocate.
Striccando.
  Significa, che vi resta in mano due Carte della medesima Sequenza, che giuocate.
* Stricco in niente.
  Questo termine è particolare per il solo Matto: perchè giuocando l’ultimo Trionfo, e volendo fare intendere al Compagno, che mi resta un Trionfo nelle mani, ma che non prende nulla, uso questo termine, acciocchè il mio Compagno non si sbaglj nel contare li Trionfi.
Me ne restano.
  Vuol dire, che vi rimangono tre Carte di quella Sequenza, che giuocate.
Sfondo.
  Questo termine significa al Compagno, che vi restano nelle mani quattro Carte, o più di quella Sequenza che giuocate, fuori però della Sequenza, de’ Trionfi; perchè questo termine ha un altro significato, come si vedrà, parlando de’ Trionfi.
In Casa.
  Con tal temine si obbliga il Compagno a rispondere con la maggiore di quella Sequenza, che giuocate: oppure, sminchiando Trionfo, e che il Compagno  non avendo Trionfo da rispondere, con questo termine gli dimostrate, che il Trionfo, che giuocate, non può essere preso dagli Avversarj, e perciò gli venite a notificare, ch’egli debba rispondere con quella Carta, che più gli preme di salvare.
Ne giuochi sempre di queste.
  Indica al Compagno, che quando torna a lui la mano da giuocare, che giuochi quella medesima Sequenza, su cui si è fatto questo giuoco.
Ci vada con quello, che ha.
  Questo termine indica al Compagno, che dee rispondere con la Carta maggiore, ch’egli si trova avere nelle mani di quella Sequenza, che avete giuocato.
Quì butto via.
  Questo denota al Compagno, che in quella Sequenza, in cui usate questo termine, voi non avete nissuna Carta di valore.
Tiro a me.
  Egli è termine particolare per il solo Bagattino; e si usa dirsi al Compagno, quando si corra pericolo di perderlo, acciocchè intenda, che dee ritenere li Trionfi maggiori, ch’egli ha, perchè lo possa salvare. Si può fare intendere al Compagno, senza parlare, l’istesso sentimento, col tirare indietro la Carta , quando giuocare.
Faccia a me, o pure a me.
  Questi due termini hanno il medesimo significato; perchè ogn’uno di questi significa al Compagno, che debba lasciar correre la presa, cioè, che non vi vada con la Carta maggiore: Per esempio uno non vuole, che il Compagno risponda col Re, che ha nelle mani. Con uno di questi termini gli fa noto, che dee ritenerlo, e rispondere con una inferiore Carta, o perchè non lo perda, o pure per volergli francare in questo modo il detto Re, con la sua Sequenza nelle mani. Quando uno avesse bisogno di salvare una Carta, o più Carte, che gli premessero, può usare uno di questi termini, coi quali si fa intendere al Compagno, che dee ritenere li Trionfi maggiori, per poter poi mettere in casa quelle Carte, che in questo caso hanno il medesimo significato del sopra spiegato termine, col solo divario, che in quest’ultimo caso s’addattano a tutte le Sequenze, che nell’altro del solo Bagattino s’intendono.
Ci vada col più bello.
  Questo termine è solamente proprio della Sequenza de’ Trionfi, il quale significa al Compagno, che risponda col maggior Trionfo, ch’abbia nelle mani.
Ci vada con quello, che ha.
  Questo termine ha il medesimo significato dell’antecedente, col divario, che questo s’adatta a tutte le Sequenze, ed il Compagno dee rispondere con la maggior Carta, che si trova avere nelle mani, di quella Sequenza, che è giuocata.
Copra solamente.
  Si denota al Compagno, ch’egli dee rispondere con Carta, che sia solamente superiore alle Carte, con le quali avrà risposto il Contrario, venendo ad indicare con questo termine, che l’altro Contrario non ha Carta da poter prendere.
Volo, o Vado.
  Ogn’uno di questi termini spiega al Compagno, che si ha nelle mani la Battuta in Trionfo; ma però sola, e che non è accompagnata d’alcun altro Trionfo. L’usare questi due termini non è sempre bene; onde si debbano usare solamente quando il Compagno sia in caso di avere a salvare qualche Carta, che gli prema.

   La Sequenza de’ Trionfi ha termini particolari nel far  giuoco ne’ medesimi, che s’hanno nelle mani: perciò è  necessario lo spiegarsi separatamente.

Sticco, Striccando, Me ne restano.

  Questi tre termini sono li medesimi, che quelli di sopra spiegati; e perciò hanno il medesimo significato.

Particina, o pure, piccola parte.
  Vuol dire al Compagno, che non si ha solamente cinque Trionfi, contandovi sempre quello, che giuocate.
Parte giusta.
  Questo significa al Compagno d’avere sei Trionfi, contando sempre quello, che giuocate.
Più della parte.
  Significa al Compagno d’avere sette Trionfi, contando sempre quello, che giuocate.
Sfondo.
  Vuol dire al Compagno d’avere otto Trionfi, contando sempre quello, che giuocate.
Quanto se ne può avere.
    Questo termine significa al Compagno d’avere nove Trionfi, contando sempre quello, che giuocate: la qual cosa però è molto chiara, perchè avendo dieci, o pure undici Trionfi ec., questi si accusano, come è spiegato di sopra nell’Istruzione degli Onori.

  Spiegheremo ora li termini, che si usano verso il  Compagno, quando fa le Carte; purchè li Contarj  abbiano detto a monte.

  Questi termini, che s’usano al presente, sono quasi tutti proibiti dalli Capitoli delle pene: ma siccome sono grandissimamente in uso; mi è parso necessario di spiegare il loro significato. Non ho voluto però mancare di segnarne alcuni con l’asterisco, li quali non si dovrebbero ammettere in alcun luogo; lasciandone correr altri per addattarmi in parte all’uso moderno: E quì voglio notare uno insoffribile abuso di molti, che in vece di far giuoco, mostrando le Carte al Compagno; le quali quantunque sieno cattive, nè vi sia Carta tra esse, che rifiuti; ciò non ostante giammai mostrar loro non si dovrebbero. Discendo ora alla spiegazione de’ sopraccennati termini, avvertendo intanto che chi volesse giuocare con rigore, dee stare alla legge del Capitolo quinto.

Ho la Regola.
  Dicendo questo termine, si fa intendere al Compagno, che si ha nelle mani tre buoni Trionfi; o pure una Carta da cinque, con due buoni Trionfi.
Ho la Regolina.
  Si denota al Compagno, che si ha nelle mani una Carta da cinque, con due piccoli Trionfi.
* Ho li Bugiardi.
  Vuol significare questo termine al Compagno, che si ha nelle mani quattro Trionfi. E perciò simili Trionfi promettono molto nel principio, ma nel proseguimento delle Carte pochi ne vengono, lo che succede spessissime volte; per questo si chiamano Bugiardi.
* Ho l’Arlìa.
  Questo significa al Compagno, che si ha nelle mai due Re. Cotal nome d’Arlìa viene detto da osservazioni fatte, che quando s’hanno due Re nelle prime cinque Carte, rare volte l’altre Carte vengono buone.
* Ho due Romiti.
  Egli è un termine sporchissimo, che non si dovrebbe ammettere a nissun Tavolino: perchè si fa noto al Compagno, che si ha nelle mani il Re di Coppe, con quello di Denari, per avere questi due Re la Barba; e di qui poi nasce, che il Compagno, che scarta, non fa la scartata a quelli due Re.
* Ho due Pellegrini.
  Questo è altro termine consimile a quello di sopra, e nè meno questo deesi tollerare: perchè spiega al Compagno d’avere nelle mani il Re di Spade, e di Bastone, quali non hanno questi la Barba; ed in questo caso ancora succede, che il Compagno si regola nello scartare.
* Ho un Romito, o pure un Pellegrino.
  Mercè questi due termini si notifica al Compagno, col primo, d’avere nelle mani il Re di Coppe, o di Danari, e con l’altro, quello di Spade, o di Bastoni. Quindi è, che quantunque questi due termini non sieno così chiari, come li due sopraccennati; pure sono tali, che non si dovrebbero ammettere in alcun luogo: perchè s’illumina troppo il Compagno, che dee scartare.
Ho due Trionfetti.
  Si denota al Compagno d’avere nelle mani tre piccoli Trionfi.
Ho una Goccia.
  Questo termine significa al Compagno, che si ha nelle mani una Carta da cinque.
Ho un Trionfo, che rifiuta, con un piccolo.
  Vuol dire al Compagno, che si ha nelle mani uno de’ Trionfi principali, accompagnato con un piccolo Trionfo.
Ho due Trionfi, con una stanella.
  Questo significa al Compagno d’avere nelle mani una Regina, con due Trionfi.
  Vi sarebbero degli altri termini da spiegare, ma siccome sono troppo chiari in se medesimi, non occorre perciò farne ulterior spiegazione: come pure niuna spiegazione non si può dare a molti, e varj termini, soliti usarsi  a capriccio di certi Giuocatori, che punto non si dilettano d’osservare le leggi, nell’osservanza delle quali tutto il bello consiste del Giuoco.

C A P I T O L O  X .

Istruzione ottava sopra gli Avvertimenti generali
nel Giuocare.

  In primo luogo bisogna sapere, che in questo giuoco vi sono due classi di cosa da distinguere nel giuocare: imperocchè altre sono cose necessarie, ed altre arbitrarie. Così per esempio lo scartare due Carte, è cosa necessaria; ma la qualità delle Carte è cosa arbitraria. Il giuocare una Carta, è essenziale; ma la qualità è in arbitrio: così pure lo Sminchiare, Battere, e simili, sono tutte cose arbitrarie. Ora il dar regola ferma di queste. egli lè impossibile, per la varietà delle Carte, che vengono a’ Giuocatori; e perciò se alcune se ne assegnano, il più delle volte sono facilissime. Ad ogni modo fra tante, che vi sono, ne assegnerò alcune: non perchè sieno in parte osservate; ma perchè non ne sia manchevole affatto questa mia fatica. Saranno queste su qualche poco di ragione fondate: contuttociò se la fortuna fosse loro contraria, non dovranno mai i Giuocatori rammaricarsi per aver fatto il dovere del giuoco; ma bensì se avranno sbagliato dove la ragione si oppone.

Circa il tenerla.
  La regola generale ella è, che quando vi vengono nelle prime cinque Carte tre Carte da cinque, voi dovete tenerla. Ma siccome chi la tiene, pare che in obbligo sia di vincere la giuocata, o pure di non ricevere almen giuoco; quindi per tenerla a dovere, e che difficilissimo sia l’aver giuoco, bisogna avere almen l’Angelo, il Matto, ed un Re: perchè non avendo l’Angelo, ed il Matto, facilissimo è l’aver giuoco, quando le altre dieci Carte vi vengano cattive, ancorchè la si fosse tenuta con tre Carte da cinque. Ove poscia il Giuocatore la voglia tenete a suo modo; egli ha tutta la libertà con qualunque Carta, purchè gli piacciano.
Circa il mandarla al Compagno, col dire, come vuole.
  Il primo, che riceve le cinque Carte, al presente abusivamente ha diritto particolare di mandarla Compagno, col dire come vuole. Con questo termine si viene a significare al Compagno d’avere delle Carte buone; ma non tali da poterla tenere. Per esempio avendo due Re, con il Sole, e un Trionfo, si può mandarla; come pure avendo l’Angelo, e un Re con due Flichetti, cioè due piccoli Trionfi; e così discorrendo. Il Compagno si dee regolare con le sue cinque Carte: se sono cattive deve dire a monte; quando poi fossero passabilmente buone, cioè s’egli avesse una Carta da cinque, e due Trionfi la può tenere, quando però il Compagno l’abbia mandata: perchè tra le Carte del Compagno, e le sue si viene a tenerla con te Carte da Cinque.
Circa lo Scartatore.
  Per regola generale dello Scartatore è il farsi un fallo d’una Sequenza.
 Le atre regole poi sono: che non si scartano mai Regine, quando non fossero sole, e meno si debbono scompagnare.
  Che si scartano le Figure, in vece di Cartaccie, quando si può.
  Che si scarta di quel giuoco, del quale se ne ha due, e non di quello ove una sola se ne ha: perchè li Contrarj meno vi possono far andare in Trionfo, ed ancora è più facile d’avere il Re, che avete scartato.
  Che non potendosi scartare a qualche Palo particolare, si scartano due Figure d’altre Sequenze.
  Che si dee scartare, e non fare le Cartaccie, quando il Compagno avesse buono.
  Che si debbono tenere le Sequenze, e non scartarle.
  Che avendo cattivo, ed avendo due Trionfi, che Scavezzano la Granda, si scartano quelli.
  Che avendo ottimo, è meglio non scartare in veruno modo, per potere rimettere al Compagno il giuoco, quando avete fatte le vostre prese sicure.
Circa a chi è il primo a giocare.
  Egli dee in principio giuocar del più lungo giuoco per cercar di cavar li Trionfi alli Contrarj col trovarne la scartata.
  Egli dee nel proseguimento del giuoco mandar una figura verso il Compagno, massime quando ha scartato.
  Egli non dee mai giuocar la Regina , quando non avesse il Compagno fatto un’accurata, che lo richiedesse.
  Egli dee procurar di cavar li Trionfi alla parte contraria; ma non mai al Compagno.
  Egli dee giuocar di quel giuoco, che ha segnato la parte contraria.
 Egli non dee mai, essendo il primo, giuocar il Re, se non teme il Marcio.
  Avendo scartato, e dovendo giuocare, non dee scoprirsi la scartata.
  Quando si ha cattivo, non si deve segnar punti, se non nel caso di andare nel piatto; e allora segnar soli li punti necessarj per tale effetto.
Circa il rispondere.
  Non si dee mai rispondere la prima volta con la Regina, quando non si credesse aver il Contrario fatta passata, cioè ritenuti il Re.
  Si dee sempre dare il Re, quando però non si avesse cinque, o più Carte del medesimo Palo, o pure quando fosse sicura la scartata.
  Si dee rischiare una figura, quando non si sa dove sia il Re.
  Non avendo di quel Palo, che è giuocato, ne meno de’ Trionfi, non si dee mai rischiar un Re, fuorchè nei casi disperati; o quando non si fosse sicuro, che il Compagno dovesse prender la presa, e che li Contrarj dessero a quel Re, che s’ha nelle mani: ne’ quali casi si può rispondere con detto Re per metterlo in Casa.
Circa lo Sminchiare, o fare Sminchiare.
  Non si dee sminchiare, nè fare sminchiare senza il fondamento almeno di due Re.
  Chi avesse li quattro principali Trionfi della Granda senz’altro di buono, non dee sminchiare, nè far sminchiare il Compagno. Si potrebbe però dire, per de’ piccoli la posso servire, quando si voglia adoprare tal termine all’uso moderno; la qual cosa non si dovrebbe permettere.
  Quando uno desse ad un Re, e che avesse almeno sei Trionfi, essendo chiamato dal Compagno a sminchiare, dee ubbidire; che poi fosse ridotto a pochi, o non avesse altro che due Trionfi, non dee ubbidire.
  Sul principio, quando uno ha sette, o otto Trionfi, con qualche Re, può tirarne giù uno per iscoprir giuoco.
  Quando uno si trovasse nelle mani l’Angelo, con sei, o sette Trionfi, nè quali non vi fosse nè Mondo, nè Sole, nè Luna, e che il suo giuoco portasse di far sminchiare il suo Compagno; in questo caso non bisogna dirgli che sminchi; perchè si può dare, che il Compagno non abbia se non il Sole, o pure la Luna, ed ubbidendo perderà il Trionfo, per lo quale si perde la Sequenza della Granda, che è molto da considerarsi in questo giuoco. Perciò bisogna avere l’avvertenza di dire al Compagno, che tiri de’ Trionfi, e che non sminchi. Il Compagno dee ubbidire col giuocare de’ Trionfi, ancorchè avesse il Sole, o pure la Luna nelle mani, facendo però giuoco all’altro, acciocchè intenda ch’egli ha un Trionfo della Granda. Ma caso poi ch’egli avesse ne’ suoi Trionfi Sole, o Luna, unitamente; allora egli dee sminchiare il Sole, o pure la Luna: perchè essendo quasi sicuro di non perdere la Sequenza della Granda, può giuocare uno di essi Trionfi. Mi è piaciuto di dare questo avvertimento, avendo veduto molti, che giuocano, perdere questa Sequenza per non saper far giuoco.
Circa il Battere, e titar indietro la Carta.
  Per lo più è sempre bene il Battere ogni volta che si ha la Carta maggiore di qualsivoglia giuoco, o Sequenza.
  Non si dee tirar indietro senza fondamento alcuna Carta: perchè questo segno si denota al Compagno, senza parlare, che lasci correre la presa. Il Compagno dovrebbe sempre ubbidire, ancorchè non ne avesse assai.
   Per fine qualsivoglia giuoco arbitrario si può fare, ancorchè falsamente, per ingannare la parte contraria.

  Daremo certi altri avvertimenti generali per quelli, che  vogliono principiare a giuocare questo giuoco.

  In primo luogo nell’usare li termini arbitrarj sopraccennati, non bisogna ingannare il Compagno. Per dare idea di questi giuochi, daremo qualche esempio. Io dico Stricco, ma in realtà di quella Sequenza, in cui ho fatto giuoco, ne ho più di una; questo è giuoco falso. Così il dire io Batto in Trionfo, non avendo il vero Trionfo, in cui dovrei Battere, o il dire non ne ho più della Sequenza, che giuoco, avendone due Carte, e simili. Per altro l’usare tal astuzie, non è sempre bene; e perciò si debbono usare solamente quando si può ingannare li soli Contrarj, e non il Compagno. Avendo uno buone Carte, dee regolare il giuoco, quando egli sia capace di regolarlo; in caso diverso dee fare intendere al suo Compagno quello, che ha nelle mani, con l’usare i termini prescritti, acciocchè il Compagno possa regolare la giuocata. Nel qual caso però, quand’uno cioè abbia buone Carte, io lo consiglierei, quantunque novizio nel giuoco, a provarsi di regolare il giuoco, essendo questa la maniera di diventar Giuocatore, non essendo sempre sicuri di abbattersi in Compagno, che sappia; ma in taluno alle volte, che vi fa fare solennissimi spropositi. Che se poi v’incontraste in Compagno, che sapesse il suo conto, e intendesse il giuoco a dovere, il lasciarvi regolare da esso, non potrebbe tornarvi che in bene. Avendo pi uno cattive Carte, ed avendole il Compagno buone; non dee far altro, che dargli que’ lumi, che a lui bisognano col fargli giuoco. Intorno a che voglio dare una regola, che in un certo caso da pochi Giuocatori è osservata: e per spiegarmi con chiarezza, darò un esempio. Fate conto che il vostro Compagno abbia moltissimi Trionfi, con li quali abbia strionfato voi, ed i Contrarj ancora; e proseguendo egli a sminchiare, voi vi ritrovate, per esempio, nelle mani Re, e Regina di Spade con altre Carte della medesima Sequenza: in questo caso avete da buttar via le Carte dell’altre Sequenze, dove non avete Carta sicura, col dirgli Qui butto via, e così fare in tutti que’ Pali, dove non avete sicure Carte: perchè in tal guisa operando, venite a significare al Compagno, che in quella Sequenza, in cui non gli avete fatto giuoco, avete delle Carte sicure, cioè le maggiori: e ciò si fa in questo modo, perchè volendo dar un giuoco, non bisogna buttar via nissuna Carta, che possa essere franca, cioè non possa essere presa dalli Contrarj; mentre succede a molti Giuocatori, che volendo far giuoco nella Sequenza, dove hanno le Battute, vale a dire le Carte maggiori, ne viene, che non possono buttar via le Carte false, che hanno nelle mani; e dove si sarebbe potuto dar un giuoco, non lo danno, per esservi rimasta una Carta falsa nelle mani, per la quale li Contrarj hanno potuto salvare dei Re. Il far sempre giuoco in ogni Carta, che si giuoca, non è bene: perchè un bravo Giuocatore fa solamente quei giuochi, che dee fare per illuminare il Compagno. Per regolare dunque bene il giuoco, in primo luogo bisogna contare li Trionfi, che sono stati giuocati, ed osservare nell’istesso tempo la qualità de’ medesimi, per poter far giuoco nelle Battute; così ancore nelle altre Sequenze si debbono tenere a mente le Carte, che sono state giuocate, almeno le maggiori: e dalli giuochi che li Contrarj fanno, e da quelli che vi fa il vostro Compagno, e con le Carte, che avete nelle mani, e con quelle, che fossero state accusate, si fa il raziocinio delle Carte, che quello ha, e quanti Trionfi abbiano gli altri, e da ciò poi si ricava, se voi dobbiate sminchiare, o no, se dobbiate giuocare la tal Carta, oppure la tal altra, e si conoscono ancora i giuochi falsi, che li Contrarj possono fare. Perciò, quando si voglia giuocare questo giuoco da perfetto Giuocatore, vi bisogna memoria, e raziocinio, accompagnato poi dalla fortuna: non essendo buon Giuocatore quello, che soltanto osserva le regole sopra descritte, usando a puntino delle azioni necessarie di questo giuoco; ma bensì quello, il quale sa vincere, o almeno perdere il meno sia possibile, bene usando delle azioni arbitrarie di questo giuoco medesimo.
 E quì desidererei, che in questo Giuoco (che bene giuocato è assolutamente uno de’ più bei giuochi, che si pratichino) fosse giuocato con più pulitezza, come praticavasi molti anni addietro. Ma siccome da varj Giuocatori, che a’ nostri tempi lo giuocano, vedo pur troppo di non poterlo sperare; avvanzo le mie più calorose premure, perchè quelli, che stanno  su le mosse d’impararlo, imparino a giuocarlo con maggior rigore. Quindi è, che oltre alle dette cose, avverto i novelli Giuocatori primieramente di non assuefarsi a lamentarsi avendo cattivo, o rallegrarsi avendo buono: perchè ciò è un illuminare li Contrarj, e più che probabilmente pregiudicare a se medesimo. Si dovranno in secondo luogo guardare di non avvezzarsi a far cenni al Compagno in vece di fargli giuoco; perchè questo sarebbe avvezzarsi un Giuocatore impulito, e si potrebbe ancora correr pericolo di trovar lite con li Contrarj. Per ultimo dovranno sapere, che siccome prima di principiare il giuoco, ogni Giuocatore dà parola implicitamente di giuocare a tenore delle leggi stabilite per questo giuoco; così quando uno per qualunque accidente, o inavvertenza non le osservi (che si chiama rifiutare, cioè mancare della fede, e promessa fatta) dovrà soggiacere alla pena, che s’incorre. Ma non essendo, come dissi, mia intenzione di perfezionare alcuno nelle finezze del Giuoco; perciò non voglio innoltrami in cose difficilissime da spiegarsi, che altro appunto non sarebbe, che volere ingolfarsi nel Mare, quando è in tempesta, per restarvi sommerso.


C A P I T O L O  X  I .

Che contiene li Capitoli delle pene, che si possono
incorrere in questo giuoco, per chi à voglia di giuocarlo a dovere.

  I. Chi scarta non può scartare Carte da cinque, e scartandone una di queste, rifiuta e la detta Carta va alla parte contraria, supponendosi sempre, che l’avrebbe perduta, se non l’avesse scartata. Scartandosi una Carta, rifiutasi, così tre ec. Se li Contrarj, terminata la giuocata, se ne accorgessero, dovrà il rifiutante levare dal Piatto tutte le Oche, che avesse messo in Tondo, o qualunque altro onore, perchè sono stati messi dopo d’aver rifiutato.
  2. Giuocandosi da uno, Carta di Sequenza, tutti sono obbligato a rispondere con Carta della stessa Sequenza, e non ne avendo, con Trionfo; e giuocandosi Trionfo, rispondere con Trionfo; altrimenti chi così rifiuta non conterà. Chi se poi alcuno non avesse Trionfo, nè meno Carte della Sequenza, che è giuocata, allora può rispondere con qualunque Carta, ch’ei voglia.
  3. Se nel dare le Carte si scoprisse per accidente qual si sia Carta, non s’incorre in pena alcuna. 
  4. Chi dirà a monte in cinque Carte, o in dieci, non dovrà voltarsi le altre alla faccia prima che sia risolto il sì, o il nò di fare a monte; altrimenti non conterà.
  5. Chi dirà a monte, non potrà sopraggiungere al Compagno altro, che: ho cattivo: fate a  monte, o, regolatevi con le vostre, senza mostrar le Carte; e chi dirà d’avantaggio, non conterà.
  6. Chi darà male le Carte, non conterà, e dovrà scartarne due, e seguire il giuoco: ma se mancasse una, o più Carte nel mazzo, le quali fossero per terra o in altro luogo, o essendovene di più, dovrà quello, che farà le Carte, tornarle a rifare, nel momento che se ne accorge; altrimenti non accorgendosene, e giuocando il giuoco, conterà
  7. Chi nel dare le Carte ne dasse una mano intera di più, o di meno, cioè si sbagliasse di cinque Carte, dovrà in tal caso buttarle via, e li Contrarj metteranno nel loro Piatto cinque Partite, come se quegli avesse fatto a monte, e faranno le Carte.
  8. Chi avrà detto di aver scartato, non potrà far altra scartata.
  9. Chi giuocherà Carta da cinque, da quattro, o Trionfo, che in se rifiuti, non toccando a lui giuocare non conterà; e così ancora giuocando qualunque altra Carta minore, se vi farà giuoco sopra, o che il Contrario gli risponda primi che la ritiri, non conterà.
  10. Chi chiamerà a sminchiare, o farà qualunque altro giuoco al Compagno, non stando a lui a giuocare, non conterà.
  11. Chi dovesse giuocare, ed in cambio facesse giuoco coll’invitare il Compagno a qual si sia giuoco, non conterà.
  12. Chi guarderà alla scartata del Compagno, o de’ Contrarj, non conterà; come pure chi anche per disgrazia, o accidente la scoprisse, non conterà.
  13. Chi giuocherà avrà la sua Carta, e che il Contrario gli abbia risposto con la sua, non potrà più replicare il suo giuoco, altrimenti facendolo, non conterà; essendo permesso far giuoco sopra la propria Carta prima che il Contrario risponda, e non più oltre.
  14. Chi nel vedere le sue Carte cattive si sdegna, e getta le Carte in Tavola , non volendole giuocare, o pure se ne parte, egli è obbligato alli Contrarj far loro buono il giuoco Marcio.
  15. Nissuno in alcun tempo potrà fare se non un solo giuoco; e così chi, per esempio, giuocando tirasse a se la Carta, e poscia la battesse sopra, e dicesse Sminchiate, e poscia replicasse: non mi date fastidio, non state per me ec. non conterà.
  16. Per vietare ogn’inconveniente, e sfuggire ogni litigio, che potesse accadere nell’accusar punti, dovrà quello, che accuserà, porre sulla Tavola  le Sequenze, e tutto quello, che vorrà segnare; altrimenti non se gli farà buona cosa alcuna. Posto poi ch’egli avrà in Tavola , non sarà più obbligato, ancorchè richiesto, a manifestare le Carte accusate.
  17. Chi nell’accusare Sequenze o Pariglie, mostra qualche altra Carta di qual sorte si sia non conterà.
  18. Chi segnerà più punti di quello che abbia accusato, non conterà; e li Contrarj, ancorchè facessero semplicemente una sola presa del valore d’un punto, vinceranno la giuocata, per aver fatto un punto più de’ loro Avversarj, siccome per vincere ogni mano, che si giuoca, non vi vuol altro, che fare un sol punto di più. Nel qual caso, benchè non possano mettere nel Piatto Partite, per non essere arrivati alli 25 punti, che formano una Partita; debbono però mettere in Tondo tutti gli Onori, che lori si competono, e fra questi tutte quelle grane, che d’avanti sono state segnate alli Contrarj.
  19. Chi mostrerà le Carte, credendo che siano tutte sue, non essendo, non conterà. Anticamente, ancorchè fossero tutte sue, era rifiuto: perchè se non altro il Compagno poteva rifiutare.
  20. Se due Compagni segnassero egualmente li punti, che avranno accusati, dovrannosi pigliare li meno seganti: non potendosi tenere divisi le grane, che si segnano delli punti accusati; ma un solo le dee tenere.
  21. Chi si scorda di segnare li punti, egli è come non fossero stati accusati, mentre li ha perduti per non averli segnati. Ma se la parte contraria vince la giuocata, aggiunge, alle sua Partite tutte quelle grane, che dovevano segnare per detti punti.
  22. Anticamente nel giuocare la Carta, quando quella si era spiccata dalla mano, o a quella si rispondesse non si poteva più ripigliare indietro. Ma al presente abusivamente si usa, che la Carta spiccata dalla mano si ripiglia, eccettuati però li seguenti casi. 1. Se uno sia il primo, o lo debba essere a giuocare. 2. Se uno, a lui non toccando, giuoca egli per primo, e faccia giuoco sopra la sua Carta, o giuochi una Carta, che chiamasi di rifiuto. 3. Se uno nel rispondere ad una Carta giuocata avendone della stessa Sequenza, risponda con Carta d’altra Sequenza, e faccia giuoco sopra la sua Carta, o pure sia Carta, che chiamasi di rifiuto, o pure il contrario abbia malamente giuocata. Nel secondo, e terzo caso oltre il non poter ripigliare la sua Carta, cade nella pena del rifiuto.
  23. Chi farà le Carte, non toccando a lui, come saranno levare, o dell’Avversario, sarà detto le dia, dovrà seguitare a darle.
  24. Chi si sia in tempo d’aggiustare li conti, cioè le Partite, che vanno in piatto, siano a tanto che le Carte da darsi non saranno levate. Gli Onori, cioè le Oche, che dalli punti accusati si possano avere, queste si debbono mettere nel Piatto avanti che sia coperta la prima mano di Carte. E così ancora non si sarà più in tempo a segnare li punti, quando fosse coperta detta prima mano di Carte.
  25. Chi mostrerà Carte pregiudiziali, come Re, Regine, e Carte della Granda, cioè, sino alla Saetta, rifiuterà, ancorchè gli fossero cadute inavvedutamente di mano. Può ancora rifiutare nell’istesso modo con una Cartaccia, quando però ella sia divenuta la maggiore della sua Sequenza, cioè, che sieno state giuocate le sue principali. L’istessa ragione milita per un Trionfo piccolo.
  26. Uno, che rifiuti nel giuocare non può contare. ma se egli avrà accusato de’ punti bene, per esempio 50 punti, e segnati a dovere, questi valeranno; e quando mai li Contrarj non arrivassero a superar detti punti, egli vincerà la giuocata, benchè abbia rifiutato; e la vince per li punti accusati, e segnati a dovere: perciò dee mettere in Piatto le due Partite, che dalli 50 punti si ricavano, con aggiungervi le grane, che sono state segnate, essendo queste Onori del giuoco, come pure tutti gli Onori, che vi potessero competere.
  27. Chi dopo d’aver rifiutato una volta, giuoca alla peggio, dicendo fra se: in ogni modo ho rifiutato, e va rifiutando sempre più, (per cui può succedere, che li Contrari non possono dar giuoco) secondo la regola, che anticamente s’usava, dovrebbe perdere per la seconda volta che rifiuta 10 Partite, o Pesi, per la terza 20, per la quarta 40, per la quinta 80, per la sesta 160 ec., e così pure il suo Compagno, s’egli ancora rifiutasse. Al presente queste pene non usano; ma è sempre un giuocare impulito.
  28. Chi dice ad uno de’ Contrarj: avete rifiutato: secondo l’uso antico, trovandosi mendace, dovrebbe perdere 10 Partite, o Pesi: la qual penale era stabilita, perchè uno per vedere tutte, le Carte giuocate, per qualche suo fine, potrebbe sempre dire, quando gli piacesse: il tale ha rifiutato. Presentemente non v’ha tal penale; ma bensì s’usa mostrar le prese per giustificarsi del rifiuto. La qual cosa, a dir vero, stà male, perchè ogn’uno con questo mezzo termine può, sempre che voglia vedere tutte le Carte giuocate. Perciò mi parebbe bene che per deludere qualunque mala intenzione, si dovessero mettere da parte tutte le prese fatte fino a quel punto, che il Contrario vi dice - voi avete rifiutato: mostrandosi soltanto finita che sarà la giuocata quella tal prese, per cui pretendeva, che voi aveste rifiutato, acciocchè veda se sussista il rifiuto, o no: tenendo fra tanto tutte le altre prese per ordine senza mescolarle insieme, come è regola prescritta dal Giuoco, che debbasi fare generalmente di tutte prese.
  29. Se uno nel giuocare cade una Regina, o un Re, o altra Carte, che rifiuti, e la parte Contraria accusa la detta Carta; allora tutte due le Parti hanno rifiutato; una Parte per esserle caduta la Carta; l’altra per averla pubblicata, quando però non stasse talmente esposta in Tavola , che da tutti li Giuocatore fosse veduta: nel qual caso non dee condannarsi a rifiuto chi pubblica la detta Carta in tempo, che la medesima è alla vista di tutti. Che se poi non l’abbia veduta che la parte Contraria, si dee aspettare, che quello, a cui è caduta, la giuochi, e allora dirglielo, per la ragione addotta dissopra. Ma perchè potrebbe trovarsi chi lo negasse, o che uno delli Contrarj, fingendo d’averla veduta, gl’imputasse il rifiuto in altra Carta, che non è, e così nascere del contrasto; perciò dee chi l’ha veduta specificarla in segreto al qualcheduno de Spettatori, o non essendovene, al Compagno di quello, a cui è caduta la Carta, e allora poi dirlo, quando quella venga giuocata: avvertendo, che nel primo caso sopraccennato tutti debbono andare a Monte; e se d’ambe le Parti vi fossero de’ punti segnati prima del rifiuto, quelli vincono la mano, che ne avran più segnati.
  30. Il mostrar tre Mori prima del tempo di segnare, non è rifiuto, per essere Carte, che nulla servono di regola e perciò è permesso di segnarle. Ma il mostrarli tutti e quattro prima del tempo, è rifiuto, perchè si mostrano quattro Trionfi, e ancora perchè si segnano due Oche nel Tondo; il che non è permesso di fare.
  31. Se uno giuocasse due Carte, senza avvedersene, ed avvedutosi dell’errore volesse ripigliarle; allora li Contrarj sono padroni, se vogliono, che la Carta toccante la Tavola  sia la giuocata, purchè sia scoperta. Diamo il caso che uno giochi la Regina di bastoni con una Cartaccia di Spade, e questa sia quella, che tocchi la Tavola : in tal caso, essendo la Regina di Bastoni scoperta, rifiuta, ancorchè fosse stato giuocato Bastoni, siccome non è la vera Carta giuocata; ed essendo ella in sè Carta che rifiuta, si considera come se gli fosse caduta dalle mani, e per ciò non conterà. Se poi in cambio della Regina, fosse stata una Cartaccia di Bastoni, non è rifiuto: perchè ammettendosi quello, che nel numero 22 si è spiegato, si dee ammettere ancor questo come caso consimile; e perciò può il Giuocatore ripigliare la Cartaccia di Spade, lasciando però quella di Bastoni, se fosse stato giuocato l’istesso Palo.
  32. Se quattro Giuocatori si mettano a giuocare senza aver determinato di quanto  intendano giuocare, e terminato che abbiano poi di giuocare, vi nasca controversia, il dubbio si risolve in questo modo: che abbiano giuocato di quello, che è più in uso a farsi in quel luogo, ove giuocavano.
  33. Chi schianterà le Carte prima che siano cavate, le pagherà.
  34. Si proibisce l’usare qualunque termine con equivoco, come sarebbe il dire Chiate, dovendosi dire  Sminchiate: così ancora nell’accusare le Sequenze, e le Pariglie in voce, non si dee usare alcun equivoco, altrimenti usandolo, non si conterà; ed è ancora un grande abuso, benchè sia tollerato, l’accusare le Carte in voce.
  35. Se uno, in vece di badare al giuoco, chiarli, ed essendo l’ultimo a rispondere, dimandi di chi sia la presa, li Contrarj non hanno obbligo di dirglielo, possono però farlo, se vogliono: ma il suo Compagno nè può parlare, nè può replicare alcun giuoco, quando il Contrario ha risposto sopra la sua Carta, nè meno può dargli alcun lume, o accomodargli ordinatamente le Carte, altrimenti avrà rifiutato, e non conterà.
  37. Chi avendosi cavato il Matto, lo riprende e, nuovamente lo rimette nelle Carte, che ha da giuocare, rifiuta: perchè qualunque Carta, che sia stata giuocata, non si può più ripigliare, ed unire di nuovo alle Carte, che si hanno nelle mani per giuocare; altrimenti facendo non conterà.
  38. Chi per impazienza, o discordia butterà le Carte a monte, o farà qualunque altro atto, che renda impedito l’esito, o sia termine del giuoco, dovrà soccombere a perder ciò, che ragionevolmente per possibile prova poteva perdere, ed oltre al suddetto danno, riporterà la traccia d’impulito.
  39. Se alcuno rifiutasse per aver preso maggior numero di punti di quello, che in fatti doveva prendere (coperta però la prima presa) le rispettive Oche poste in Piatto dovranno sussistere, mentre il merito delle Oche è affatto separato dal numero dei punti. Come pure nel caso, che il Compagno segnasse col confondere una Carta, che non v’entrasse, benchè sia rifiuto, e non sieno buoni li punti segnati, tuttavia l’Oca, che prima del rifiuto fu accusata, resta nel piatto.
  40. Se uno in cambio di cavarsi il Matto, si cavasse l’Angelo, od altra Carta, quando egli se ne accorga dopo che il contrario abbia risposto con la sua Carta, o pure essendo egli l’ultimo a rispondere, abbia coperta la presa; allora non è più in tempo a riprendere la Carta in vece del Matto, come al numero 22, e 37 si dimostra. Oltre di ciò in questo caso, il Matto, che si ha nelle mani , bisogna allora giuocarlo come si fa le altra Carte; ed in caso che si giuocasse in una presa, che rimanesse delli Contrarj, si perde: perchè siccome non si può giuocare due volte una medesima Carta; così pure non si può cavare due volte il Matto. E perciò avendo un Marcio, si dee dare la Carta, che si è cavata per il Matto. Ma accorgendosene avanti che il Contrario abbia risposto o avanti di coprire la presa, allora può riprendere la Carta col cavarsi poi il Matto. Che se poi fosse Carta, che in sè rifiutasse, e che li Contrarj l’avessero veduta, o pure ch’egli avesse fatto giuoco nell’atto di cavarsela, egli avrà solamente rifiutato, e non conterà; quando però la detta Carta non fosse della condizione, che nel sottoposto numero 41 si descrive, perchè in tal caso dovrà soggiacere alla pena contenuta nel detto numero.
  41. Qualunque rifiuto dee avere la sua pena. Ma per lo corrotto abuso, che presentemente regna, vi sono de’ rifiuti, che nissuna pena non hanno; e perciò darò un esempio. Uno giuoca Bastoni: il Contrario gli risponde col  Re di Spade, avendo della Carte di Bastoni nelle mani, e ciò lo fa per essere in pericolo di ricevere un giuoco, e non avendo Carte nelle mani della medesima Sequenza del detto Re, usa questo stratagema, acciocchè il suo Compagno veda ch’egli ha il Re di Spade, perchè si possa regolare nel buttar via le sue Carte, col tenersi nelle mani le maggiori d’un’altra Sequenza; e mostrando d’essersi sbagliato, dice io ho rifiutato, e riprende il suo Re, giuocando poi la Carta, che doveva giuocare: questo rifiuto non ha alcuna pena; perchè quando non si vinca la giuocata, il non contare non è pena; e pure questo rifiuto può dare del danno alli Contrarj, col imperdirgli di non aver potuto dare un Marcio, o diminuir loro un giuoco, e di un 700, che poteva essere, farlo divenire solo un 500. La qual cosa parrebbe che dovesse soggiacere alla pena del numero 22 descritta; ed oltre a ciò che chi così rifiuta, dovesse perdere le ragioni, che nella sua Carta aveva: come succede, per esempio, nel caso che uno giuochi Trionfo, ed il Contrario risponda con altra Carta, quando egli ha solo il Bagattino da rispondere; dove l’uso è che li Contrarj lo obbligano a riprendere la sua Carta, e rispondere col  Bagattino: perchè il rifiuto non dee mai essere pregiudizio alli Contrarj, e tutto il pregiudizio possibile dee stare contra chi falla, non dovendosi ammettere per nissun contro il falso, ed insussistente assioma, che dice, che non si possono avere due pene; ma bensì l’altro, che a chi rifiuta toccando Mazza, e Corna: quindi ancora essendo, che oltre al rifiuto, si usa altresì il farsi restituire le Carte, che fossero state prese indebitamente, ancorchè la presa sia coperta. D’onde vedesi chiaramente, ed inferir si dee senza pericolo di fallo, che se in quest’ultimo caso per le addotte ragioni li Contrarj hanno diritto di poter fare le suddette cose, quantunque per ciò stesso non siavi legge stabilita; molto più a tenor delle medesime aver  lo debbono nell’altro sopra esposto, per cui v’ha determinata legge, e così poter dire questa Carta è giuocata; oppure: ripigliatevi la vostra Carta, che non intendiamo, che sia giuocata, quando sia di loro pregiudizio. Le quali ragioni tutte, sebbene da molti Giuocatori poco, o nulla saranno considerate; non ho io però voluto lasciarle: avvertendo che chi non istà alle leggi dei Capitoli, non si dirà giammai buono, star vi dee, tanto più avendoli adattati in parte alla moderna corruttela di tale studioso Giuoco.

C A P I T O L O  X  I  I .  E D  U L T I M O

Di varj Giuochi che co’ Tarocchini si fanno.

 
  Non voglio terminare questa mia, qualunque ella siasi fatica, se prima non avrò dato un’idea almeno grossolana di varj Giuochi, che co’ Tarocchini si fanno. Ed essendo che questi sono stati capricciosamente inventati dalle persone, e che ogni persona altri ne può inventare di suo capriccio; voglio ogn’uno avvertito, che quelle regole solamente io esporrò, che universalmente in tali giuochi vangano dai più osservate, e che di quei giuochi io parlerò soltanto, che sono al presente più praticati. E ciò pure intendo fare io di fare, non già per quelli, che sanno ben giuocare in Partita, attesochè questi tali, una sol volta vedendoli giuocare, senza alcuna descrizione gli apprenderanno subito con somma facilità; ma bensì per li principianti, e che hanno poca, o niuna pratica della Partita. E prima -

Del Giuoco detto Milloni.

      Questo è un giuoco, che si fa in due, col prendere venti Carte per uno, e due di più per quello, che fa le Carte, per scartare. Dee poscia l’uno, e l’altro de’ Giuocatori fare lo scarto di dieci Carte, col dare per ordine di mano le sue dieci, cosicchè ne restino venti per cadauno, collo scartare all’uso di Partita le due il Cartaro. Viene detto Millone, perchè si va sino alli punti mille, con questo che essendo vicini alla detta somma, chi non è fuori con le prime Carte, ed avanti di scartare le dieci, si fa a giuoco terminato, e chi avrà sorpassato più il Millone, quello guadagna. Nel caso che uno volesse lasciare alcune Carte per non fare lo scarto di tutte le dieci, dee avvisarlo all’Avversario, a cui piacere stà il voler prenderle, o lasciarle, col regolarsi nello scarto suddetto; e succede poi che le prenda, o nò, sempre si debbono dare di seguito. A questo giuoco pure il cinque dà dieci, con questo che rare volte si rifiuta, potendo mostrare qualunque Carta, non tornando ciò in pregiudizio, ma bensì in vantaggio dell’Avversario. Allora si rifiuta, che si dà male le Carte, che si scarta in vece di dieci altro numero, che si volta alla faccia una Carta all’Avversario. Che è quanto in ristretto mi è piaciuto dire di questo giuoco.

Del Giuoco della Cinquina.

  Questo giuoco si fa in due con cinque Carte per ciascheduno, e quello, che si fa più punti, vince la giuocata, e segna nel Tondino tante grane, quanti punti egli ha fatto. Bisogna sapere, che ogni punto, che si segna, ha il valore della moneta, che avete prescritto di giuocare; e per ciò non si adopra altro che un Piatto per segnare li punti, perchè serve per l’uno, e per l’altro, quando si resta vincitore. Questo è il giuoco più precipitoso, cioè da perdere, che si usi con le Carte de’ Tarocchini.

Del Giuoco de’ Centini.

  Questo è un giuoco, che si giuoca in quattro, due, contra due, con cinque Carte per ciascheduno, e quella parte che arriva a fare 100 punti, vince. si giuoca ancora in due con cinque Carte per ciascheduno, e quando una parte non arriva a fare 50 punti, lo perde doppio.

Del Giuoco de’ Quarantacinque.

  Questo si giuoca in tre, o in due, con dieci Carte per ciascheduno, e chi prima arriva a fare 45 punti vince. Vi sono due modi nel giuocare questo giuoco, cioè a punto per punto, che vuol dire, che si dee segnare i soli, e puri punti, che si sono fatti e nell’accusare le Pariglie, e le Sequenze; si debbono segnare li punti precisi, che si accusano; così, per esempio, chi segnasse 17 punti, non dee segnarne 20; ma solamente 17, e così dee fare di tutti li punti, che si fanno con le Carte. Siccome si giuoca a chi arriva prima a fare 45 punti, si dee avvertire, che in questo modo di giuocare bisogna avere l’avvertenza, che quando si è arrivato ad avere fatto 45 punti, si dee chiamarsi fuori, col dire io ho vinto, ancorchè vi rimanesse nelle amni della Carte da giuocare: perchè seguitando a giuocare vi potrebbe succedere, che il vostro Contrario, o pure giuocando in tre, che uno de’ vostri Contrarj arrivasse a compiere 45 punti, e nell’atto d’averli compiti si chiamasse fuori: nel qual caso egli vince il giuoco, benchè voi avete 50 punti de’ fatti; per essere legge particolare di questo giuoco il dover dire ho vinto, dovendo però mostrare li punti, che fatti avete. Chi li facesse in una sola giuocata, vince il giuoco doppio. V’è da notare un sol cosa, ed è, che se uno avesse 30 punti. e dovendo giuocare l’altra mano di Carte, nella quale gli viene delle buone Carte, ed accusa 15 punti, con li quali egli ha vinto il giuoco per aver compito li 45 punti, non contento egli di ciò vuole proseguire col provare se può fare in quella giuocata tutti li 45 punti per vincerlo doppio; se mai il caso portasse, che uno de’ suoi Contrarj superasse tutti li suoi punti, comprendendovi li 30, che aveva di prima, egli ha perduto il giuoco: perchè avendo voluto giuocare, ha perduto le ragioni del giuoco, che aveva vinto, e si è sottoposto ad una nuova legge di questo giuoco, la quale è, che in tali casi chi fa più punti, vince il giuoco.
  La differenza, che corre coll’altro modo di giuocarlo, ella è, che nel segnare li punti accusati, e quelli, che si fanno con le Carte, si fa in questo modo: chi fa 15 punti ne segna 20, e facendone 14, se ne segnano 10, e così si usa nell’accusare. In questo modo di giuocare, ancorchè aveste compiti li 45 punti, bisogna proseguire la giuocata, e terminata che sia, vedere chi fa più punti, e quello vince. Se poi nell’accusare de’ punti compiste, o trapassaste li 45 punti, allora avete vinto il giuoco, e siete padrone di non giuocare. Ancora in questa maniera li detti 45 punti, se li fate tutti in una giuocata, vi fanno vincere il giuoco doppio. Vi sono molti, che ad ogni mano di Carte terminano il giuoco, facendo che chi fa più punti vince, chi ne fa meno perde, e non vince. Quando poi uno compisse, o trapassasse li 45 punti in una giuocata, allora vince alli due Contrarj un giuoco per ciascheduno. Vi sono varj modi di giuocare il denaro in questo giuoco, cioè più viziosamente, e men viziosamente, e perciò è necessario di spiegarsi avanti di giuocare. La maniera più viziosa ella è, quando una facendo 10 punti, vince un altro giuoco, e così proseguendo ad ogni 10 punti di più. Così per esempio s’uno facesse 150 punti in una sol giuocata, vince 12 giuochi a ciascheduno delli due Contrarj, contando li 45 punti per due giuochi.

Del Giuoco dei Settanta.

  Questo si giuoca in due con dieci Carte per ciascheduno, e chi arriva prima a fare 70 punti vince. In questo giuoco si segnano li punti, che si fanno con le Carte, come si segnano li punti accusati, cioè 25 punti si segnano per 30, e 24 per 20 punti. V’è una cosa particolare in questo giuoco, ed è quella d’invitare l’ultimo al Contrario, che vuol ire dupplicare li 6 punti dell’ultimo. Se il Contrario accetta l’invito chi fa l’ultima presa conta 12 punti di più; se poi non l’accetta, allora rinunzia alli 6 punti dell’ultimo, e sono di quello, che ha fatto l’invito, ancorchè non facesse l’ultimo. Che se il Contrario, accettando l’invito, replica Tre a l’ultimo, che vuol dire aggiungo altri 5 punti che fanno 18, e l’altro non accettando questo replicato invito, perde li 12 punti; se poi lo accetta, quello, che fa l’ultima presa, conta 18 punti di più. Per ogni nuovo invito, che si faccia al Contrario, sono sempre 6 punti di più, che si aggiungono: perchè ogni volta che uno abbia accettato l’invito, può l’altro replicare un nuovo invito, e così scambievolmente si vanno replicando gl’inviti sino a tanto che qualche volta si arriva ad invitare il valore della moneta, che si giuoca, a chi fa l’ultima presa. Anche questo giuoco si giuoca a punto per punto, come abbiamo spiegato nel giuoco delli Quarantacinque, ed in questo modo di giuocare li Settanta non s’invita l’ultimo.

Del Giuoco della Mattaccia.

  Questo si giuoca in molti, cioè in cinque, in sei, ed ancora di più, e si regola il numero della Carte nel dispensarle secondo il numero delle persone, che vogliono giuocare. Dal suo nome si deduce la maniera di giuocarlo, essendo giuocato tutto al rovescio degli altri giuochi; perchè chi fa meno punti vince. Ma in caso che uno non facesse alcun punto, cioè alcuna presa, perde, ed allora vince chi fa più punti. Per riuscire in questo giuoco, s’usa un termine, che è quello di dire Duro, col quale si chiama in ajuto quelli, che hanno buone Carte, ed impegnati che sieno, si va replicando tal termine, acciocchè proseguiscano nell’impegno, per poter riuscire, che qualcuno non arrivi a fare alcun punto; e per questo diviene la Mattaccia giuoco di molto spasso.

Del Giuoco de’ Lecchini.

  Questo si giuoca in due con dieci Carte per ciascheduno. Vi è da notare in questo giuoco, che ad ogni Carta, che si giuoca, di dee ripigliare dal mazzo delle Carte un’altra Carta, e metterla tra quelle, che si hanno nelle mani, in luogo di quella, che si è giuocata, e per questo si chiama Giuoco de’ Lecchini. Quello, che rimane padrone della presa, egli è il primo a prendere la Carta, e poi l’altro. Si dee avvertire, che le dette Carte, che si vanno prendendo dal mazzo, si debbono mostrare reciprocamente al Contrario ogni volta che si prende una Carta. Terminato che s’abbia di pigliare le Carte dal mazzo, e finite che sieno le Carte, che si hanno ne le mani da giuocare, allora è terminata la giuocata, o pure il giuoco, facendolo terminare in una sola giuocata di Carte, e chi fa più punti vince, pagando però le Onoranze del 500, 600, 700, ec. perchè in una sola giuocata si può fare più di 1000 punti, per li gran punti, che si possono accusare. Vi sono molti, che lo giuocano come si fa in Partita, cioè a chi è il primo a fare con li punti 150 Partite, pagando gli Onori del 500, 600, 700 ec.
  Quelli, che giuocano a tal giuoco, accusano li punti in due modi, uno più generoso, e l’altro più economico. Nel primo si accusano li punti in questa maniera: avendo accusato una Pariglia, o Sequenza, e venendo Carta, che faccia accrescere li punti a qualche Sequenza, o Pariglia, si ritorna ad accusare tutti li punti delle Pariglie, o Sequenze, che si erano accusate, e nel progresso del giuocare si possono riaccusare moltissime volte. Nell’altro modo non si torna ad accusare, se non quella Pariglia, o Sequenza, dove la detta Carta avesse fatto accrescere li punti. Però quando si avesse nelle mani tre Sequenze, e si accrescessero li punti ad una Sequenza, in questo caso si ritornano ad accusare tutte tre le Sequenze, lasciando però di contare li punti delle Pariglie semplici, quando la Carta, che accresce li punti, non avesse compito, o aumentato il Criccone. Si dee avvertire, che quando si arriva ad aver 10 Trionfi, si segna 100 punti, e tutte le volte che si hanno, si accusa nuovamente 100 punti.

Del Giuoco de’ Calini.

  Egli si giuoca in tre, o in due, con tre Carte per ciascheduno. Quello, a cui tocca fare le Carte, ne dispensa tre a ciascheduno delli Contrarj, e ne piglia altre tre per sè, e poi mette su Tavola  sei Carte scoperte. Il primo, che dee giuocare, s’egli ha Carte superiori da poter prendere qualunque Carta, che sia in Tavola , la prende, e così pure gli altri due debbono fare, giuocando in tre. Quando poi avesse Carte inferiori a quelle, che sono esposte in Tavola , e che non potesse pigliare nissuna Carta, allora egli è in obbligo di calare una delle sue Carte, quella, che a lui più piace, e metterla tra quelle che sono in Tavola , a comodo de’ suoi Contrarj, e per questo si denomina il giuoco de’ Calini, e così debbono fare gli altri due Contrarj nel medesimo caso. Quando poi ogn’uno ha giocato le tre Carte, torna di nuovo quello, che ha fatto le Carte, a dispensarne altre tre, e giuocate che sieno, va facendo così sino che sono terminate Carte del mazzo. Terminato poi che si è di giuocare, si contano li punti, e chi ha fatto più punti vince. Quello che, fa l’ultima presa, tutte la Carte, che si trovano nella Tavola , si fa sue.

Del Giuoco della Toppa.

  Questo si giuoca in due con cinque Carte, e chi fa più punti vince, e nel giuocare, quando si piglia al Contrario un Moro, o un  Re, o il Mondo, o il  Bagattino, si dee dire Toppa: perchè ogni volta, che si piglia una di queste Carte, si vince un giuoco, con l’obbligo di dover usare questo termine, ed in caso che si scordasse, non si vince alcun giuoco; e per questo il giuoco porta tal nome. Vi sono ancora persone, che lo giuocano in questa maniera, che quando uno si dimentica dire Toppa, il Contrario dice Toppa a Voi, per non aver detto Toppa, e vince egli un giuoco, dovechè avea perduto. Quando si dia un Marcio, e che il Contrario avesse il Matto, nell’atto che vi dà il detto Matto, dovete dire Toppa, perchè lo perde, e perciò vincere un giuoco di più.

Del Giuoco della Partitaccia.

  Questo si giuoca in quattro, due contra due, come si fa nella vera Partita, con questo divari, che non si considerano gli Onori, e ad ogni giuocata di Carte è terminato il giuoco, facendo a chi fa più punti. Siccome in questa maniera di giuocare non v’è il giuoco doppio, e per conseguenza poterebbe succedere, che quando una delle parti avesse cattive Carte, le buttasse via con dar vinto il giuoco; perchè questo non succeda, fanno che quando una delle parti arriva a fare 500 punti, vince il giuoco doppio; non considerando però se fosse un 600, o 700, o ancora un Marcio, se non per giuoco doppio. Benchè questo giuoco sia praticato e in Città e molto più in Campagna al modo descritto; contuttociò si può giuocare con gli Onori del 600, 700,800 ec. come si fa nella vera Partita, quando si voglia. Si dividono nuovamente li quattro Giuocatori, quando abbiano fatto quattro giuocate.

Del Giuoco della Partita in sei.

  Questo si giuoca in tre contra tre, e si giuoca conforme si fa la vera Partita. Si dividono li Giuocatori, e divisi che sono, si mettono d’intorno ad una Tavola , distribuendosi in circolo, e sedendo ogni Giuocatore in mezzo a due de’ suoi Contrarj. Si giuoca con dieci Carte per ciascheduno, e chi arriva prima a fare 150 Partite, vince il giuoco. Chi dà le Carte, ne ha 12, e ne dee scartare due. La differenza, che corre fra questo giuoco, e la vera Partita, ella è, che quando uno ha due Mori, va in Piatto con un’Oca, e così avendo due Re, o due Tarocchi, senza però segnar punti: così due Re, due Regine, e due Cavalli ec. fanno Criccone, e si ha due Oche d’Onore. Quando poi s’avessero tre Mori, si ha 2 Oche, e avendoli tutti quattro, tre Oche d’onore, e così de’ Re, e de’ Tarocchi. Accusando due Sequenze, si ha d’Onore un’Oca, e accusandone tre, 2 Oche d’Onore, e così proseguendo, con questo divario, che le Sequenze debbono accusar punti, per aver detti Onori. Chi ha 6 Cartaccie, o 6 Trionfi, guadagna un’Oca. Chi ne ha 7, due Oche, chi 8, quattro Oche, e così discorrendo. Questi Onori si hanno in questo modo, perchè si giuoca con dieci Carte per ciascheduno. V’è da notare, che quando uno chiama a sminchiare, o pure a qualunque altro giuoco il suo Compagno, l’altro Compagno, cioè il terzo, non può far altro giuoco, se non il medesimo, che dall’altro è stato fatto; ma nell’atto poi ch’egli giuocherà la sua Carta, può fare quel giuoco, che più gli torna. Questo è il modo del giuocare in sei la Partita, ed è di molto spasso, per essere più breve la giuocata, e di tanta applicazione. Si danno spesso de’ giuochi, e ancora de’ giuochi Marcj.
  Questi sono li giuochi, che universalmente vengono praticati. E benchè io ve li abbia descritti così in succinto, dovete però restarne istruiti in maniera da poterli giuocare, e da potervi divertire.


I L  F I N E .